Editoriale
Foto di Fernando Mattaboni

La laureata

di P. Francesco Calloni
parte seconda

La laureata inizia un'acuta azione di controbatteria. Cita, si appella, costruisce, taglia, graffia.
La sorella muove con stupita lentezza i petali degli occhi e forse pure lei si chiede che esaltazioni e trasalimenti mistici da rogo medioevale possono portare al credere in resurrezioni di un passato nebuloso dove Dio è stato solo un sogno, una culla, un'iperbole. Un risorto è un congegno messo a punto da quanti hanno insistito a raccontarcelo e dovevano essere in mala fede.
Eppure da due mila anni ci sono uomini, gonzi e citrulli per la laureata, che credono che lo Sconfitto si sia trasformato in Grande Evaso. Il primo degli evasi. È incominciata la fuga impossibile. Una fuga offerta a tutti i prigionieri.
A Pasqua crolla il mondo che ora cammina in un'altra direzione perché è successo un finimondo. La Pasqua è Anarchia.
Se una pietra tombale non è più al suo posto, se nemmeno un cadavere non sta più là dove era stato sistemato, se la morte scompiglia le sue macabre liturgie, allora l'unica maniera per essere ragionevoli è quello di perdere la testa.
Adesso le ragazze accendono sigarette affusolate che assomigliano a piccole e nervose ciminiere. La madre è chiusa nel dubbio del dito paterno di Dio. Da un lato ammira il castello fortificato delle figlie e dall'altro se ne strugge in un sofferto sentire. Per questo mi ha invitato nella sua grande casa.
I fiori, radunati e raccolti, mantengono il fiato sospeso. Raffigurarsi la resurrezione di Cristo con l'immagine di un cadavere che esce dalla tomba è la tentazione di una catechesi primitiva e puerile.
La resurrezione non è un tornare alla vita.

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