Editoriale
Foto Fernando Mattaboni

La laureata

di P. Francesco Calloni

Sono invitato a rivisitare la bella dimora di un'amica che non vedo e non sento da tempo mentre la sera si distende per concilianti lunghezze. La casa è ampia e aprile è ricco di luci improvvise ma anche di calme sospese.
Tutto è immobile, perfino i fiori radunati e raccolti sembrano zittiti al mio sopraggiungere. Un tempo adatto per reclamare confidenze. Mi lascio suggestionare dalle immagini di Giorgio Torelli.
Quindici gradi alitano ai vetri; il giorno si sta chiudendo su se stesso e sollecita il dialogo. Le due figlie dell'amica hanno lucide chiome corvine: una di fresco laureata in lettere e si nutre solo di pensiero e di raffinatezze classiche; l'altra ancora si cimenta nello studio delle lingue e parla con occhi di lunga intensità. Le nostre voci provano ad intrecciarsi.
Una dice, l'altra specifica, la terza incalza, la quarta interviene con parole che non temono di essere pronunciate a fior di labbra. Dico: "Domani è Pasqua.
Che dovrò dire alla gente che in chiesa mi guarderà col naso all'insù, già pieno degli aromi del capretto spezzato e arrosolato teneramente? Dirò che Cristo è trasparente, il Regno è annunciato, la Resurrezione è iniziata, lo Spirito discenderà ed è incominciata la pazienza di Dio. Senza questo lungo, indulgente aspettare del cielo, saremmo tutti interrati, mietuti, esclusi...".
La laureata spegne la trasparenza degli occhi e mi fa capire che si trova su una sponda opposta: "No, caro padre, la mia vita deve essere impostata sull'energia morale, sulla scelta dell'azione e non piegare la testa sul petto di un Dio che non so perché mi regala il calore delle sue assicurazioni extraterrene. È qui che devo risorgere".

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