Parla l'esperto
Vittorio Zonca è uno degli psicoterapisti più coscienziosi e seri che operano in Milano. Ha messo la sua esperienza a servizio dei nostri lettori. Chi volesse sottoporre un proprio problema psicologico può scrivere a: CAMMINO - "Dottore mi dica..." - viale Piave, 2 - 20129 Milano.
Il professore risponderà gratuitamente e CAMMINO invierà gratuitamente la risposta in busta chiusa all'interessato che però deve risultare tra i lettori della rivista.

Lasciati accarezzare!

di Vittorio Zonca
parte seconda

Molte volte nascondono una tacita ed implicita minaccia (ti apprezzo per il bel voto, ma ti stimerò meno se prenderai un'insufficienza) o incentivano a continuare o a migliorare un dato comportamento (ti prego continua a studiare con profitto). Vengono usate ampiamente nelle relazioni sociali e in quelle professionali e come sistema educativo-pedagogico. Meno potenti di quelle incondizionate, sono comunque oggetto di desiderio e di ardente aspettativa. Ma le carezze psicologiche non sono soltanto positive. Un'altra categoria, anche se meno ambita e meno appagante, è quella delle carezze negative. Anche queste ultime le possiamo dividere in: carezze negative incondizionate e condizionate. Il rimprovero di un padre al figlio, un insulto, un castigo o un rifiuto, oppure parole pronunciate con voce irata, sono carezze negative.
-Ti odio.
-Cosa me ne faccio di una figlia come te?
-Sei un bugiardo.
-No. Tu no!
Queste carezze incondizionate provocano dolore, tristezza, depressione, sentimenti di sconforto; fanno vacillare la stima di sé, generano un senso di vuoto e inquinano la gioia di vivere. Un po' meno dolorose sono quelle condizionate.
-Non apprezzo la tua ironia.
-Ti detesto per il tuo egoismo.
-Ti trovo sciupato. Non stai bene?
-Come cuoca sei un disastro!
Ma perché chiamiamo carezze anche le critiche, i rimproveri e i giudizi negativi se ci fanno star male? È semplice: perché malgrado tutto sono pur sempre dei segni di riconoscimento dei quali abbiamo bisogno come dell'aria che respiriamo. È preferibile ricevere degli insulti piuttosto che essere completamente ignorati. Anche queste carezze poi hanno un valore educativo. Dal giudizio sfavorevole degli altri, possiamo trarre motivi di riflessione e regolarci di conseguenza, modificare i nostri comportamenti sbagliati ed escogitare strategie sociali più opportune. Che le carezze positive siano oggetto di desiderio è facilmente comprensibile, anzi è addirittura ovvio. Più difficile è comprendere la validità dellealtre, chi ne fa uso ed abuso, quando e perché. Vediamo alcuni casi, frutto della mia esperienza professionale. Una ragazza adolescente viveva con una madre inaffettiva e distratta e con un patrigno che si disinteressava di lei. Non aveva amici, perché molto timida. Per sua sfortuna era anche assai poco attraente; inoltre aveva poca libertà, dovendo accudire la nonna totalmente paralizzata e occuparsi di tutte le faccende di casa. Nessuno le mostrava gratitudine per la buona volontà e l'impegno con cui sbrigava le mille incombenze giornaliere e nessuno le offriva una parola buona e un poco d'affetto. Così prese a commettere apposta degli sbagli, a far cadere a terra e rompere degli oggetti, a fingere di star male proprio quando gli altri avevano più bisogno di lei.

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