Servizio Speciale
La gondola di Venezia
Parte seconda
A Venezia, fra le molteplici occupazioni della giornata, come racconta il suo cameriere Guido Gusso, il patriarca Roncalli non trascurava i piccoli gesti quotidiani, come quello di inviare personalmente gli auguri per gli onomastici dei suoi collaboratori, piccoli o grandi, e dei relativi familiari. «Abbiamo perso un padre!», diranno tutti a Venezia quando si seppe della sua elezione a sommo pontefice.
Guido Gusso, di Caorle, aveva ventidue anni quando si presentò in casa del patriarca offrendosi come inserviente, avendo saputo che il cameriere del predecessore, il card. Agostini, si era licenziato per un buon posto di lavoro in banca. Roncalli non lesse neppure la lettera di raccomandazione dello zio prete e gli domandò: «Ti fermi subito?». La prima impressione riportata dal nuovo cameriere fu di stupore nel sorprendere il patriarca - che al mattino si alzava dal letto immancabilmente alle quattro - nel punto più alto del palazzo vescovile, dove aveva fatto approntare un terrazzino per recitare il breviario allo spuntar dell’alba. Si ritirava in camera dopo le 23, ma quando Guido andava a bussare alla sua porta per un caso urgente lo trovava che camminava nella stanza con la corona in mano oppure al tavolo intento a scrivere o leggere.
Guido seguirà in qualche modo il corso degli onori del suo patriarca, da Venezia a Roma per il conclave e restandogli accanto insieme con il fratello Paolo fino alla morte, custodi fidati entrambi della casa del papa. Anche a Roma, come a Venezia, papa Roncalli amava le luci della notte.
Nella foto: il card. Roncalli assiso nella sala del Patriarcato a Venezia.
Non chiudeva le persiane della ben nota camera ad angolo del palazzo apostolico e sovente si soffermava a osservare la gente che attraversava la piazza. Lo faceva anche a Venezia, anche se la finestra della sua stanza dava su un canale. Un giorno vide gli operai intenti alla pulitura del fondo dei canali, accaldati dal duro lavoro nella fanghiglia. Chiamò Guido e fece portare due fiaschi di vino agli operai... «e di’ loro che il cardinale li benedice».
Altro motivo di stupore per Guido, quando si accorse che alla mensa del patriarca sedevano indistintamente ebrei, musulmani, ortodossi e cattolici. Il patriarca si accorse del muto interrogativo del giovane cameriere e gli spiegò che tutti gli uomini sono figli di Dio, importante non era appartenere a questa o a quella religione, ma vivere onestamente.
Nel saluto di addio ai fedeli e agli amici ortodossi di Bulgaria aveva parlato della candela accesa alla finestra la notte di Natale per indicare la strada a Giuseppe e a Maria. Anche alla sua finestra gli amici avrebbero trovato sempre una candela accesa, tutto l’anno. E quella candelina stava a indicare che la porta della sua casa era aperta a tutti.
Gli ospiti arrivavano da tutte le parti: erano bulgari, greci, turchi, francesi... Ci andò anche il presidente Auriol. Tutti accolti con la stessa cordialità, dice Guido Gusso. La casa del patriarca a Venezia, meta di tanti amici, non era in buono stato. I muri perimetrali esterni mostravano le rughe della vecchiaia e le offese della salsedine. Anche internamente la casa aveva bisogno di un vigoroso restauro.

Torna al Sommario del Servizio Speciale