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Parigi mon amour
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Dal 26 marzo al 2 aprile 1945 Roncalli partecipò a un ritiro fra i monaci di Solesmes. Era la settimana santa e quei canti gregoriani, esemplari nella perfetta intonazione, furono salutari per il suo spirito.
Il 25 novembre di quellanno avrebbe compiuto sessantaquattro anni, e già avvertiva un preannuncio di vecchiaia: «Non debbo nascondere a me stesso la verità: sono incamminato decisamente verso la vecchiaia.
Lo spirito reagisce e quasi protesta, sentendomi ancora così giovane, e alacre, e agile, e fresco. Ma basta unocchiata allo specchio per confondermi. Questa è la stagione della maturità; debbo dunque produrre il più e il meglio, riflettendo che forse il tempo concessomi a vivere è breve e che mi trovo già vicino alle porte delleternità.
A questo pensiero Ezechia si voltò verso il muro e pianse. Io non piango. No, non piango e neppure desidero tornare indietro per fare meglio. Affido alla misericordia del Signore quello che ho fatto, male o meno bene, e guardo allavvenire, breve o lungo che possa essere».
Aveva superato egregiamente il primo impatto con un ambiente a dir poco ostile, e vi si era adattato con facilità e, adottando la diplomazia del cuore oltre a quella del sorriso, si era guadagnato le simpatie anche degli avversari: «Preferisco incontrarmi con gli avversari attorno a una buona tavola, piuttosto che mondani di note diplomatiche e di proteste».
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Fra le tante testimonianze di avversari politici mutati in amici dallarguzia, dalla semplicità e amabilità del nunzio, ricordiamo un presidente del consiglio, Edouard Herriot, che ebbe a dire: « Se i vescovi fossero stati come Roncalli, non ci sarebbe mai stato anticlericalismo in Francia».
Il socialista Vincent Auriol, poco prima di essere eletto presidente della Repubblica, si sentì dire dal nunzio Roncalli: «Noi siamo divisi soltanto dalle opinioni politiche. Non le sembra che si tratti, tutto sommato, di cose poco importanti? ».
Bastarono queste poche parole perché nascesse e si consolidasse fra i due una sincera amicizia. Sarà Auriol a porgli sul capo il berretto cardinalizio, privilegio accordato per antica tradizione al capo dello Stato francese. Roncalli si pose in ginocchio ai piedi del presidente, che tutto confuso mormorò: «Si alzi, Eminenza. Sono io che debbo inginocchiarmi davanti a lei».
Lanticlericale Auriol manifestò in vari modi le simpatie per il rappresentante del papa. Quando seppe che i fratelli del nunzio, Giuseppe, Zaverio, Alfredo e Giovanni, si erano concessi una breve vacanza a Parigi, Auriol li volle ospiti allEliseo.
Comprensibile lo sgomento dei quattro uomini che in fatto di lingue parlavano solo il bergamasco. Così, adducendo il pretesto del lavoro dei campi lasciato a metà, decisero di tornarsene a casa in anticipo.
« Poche storie », disse loro il fratello, « il presidente vi vuole vedere perché siete contadini e per fare una cortesia a me. Alla raccolta del fieno penseranno altri ».
Era lomaggio reso a un vecchio amico, perché tale fu per Auriol il nunzio Roncalli. E non fu il solo a manifestargli pubblicamente i segni di sincero apprezzamento.
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