Servizio Speciale
Parigi mon amour
Parte prima
Mons. Roncalli giunse a Parigi il 30 dicembre 1944. La guerra volgeva al termine, si affacciavano nuovi gravi problemi. Il 6 dicembre di quell’anno al teatro lirico di Milano Mussolini aveva posto l’accento sugli aspetti sociali della Repubblica di Salò, la nuova repubblica fascista, e aveva annunciato un’assemblea costituente alla fine della guerra. Ultime illusioni.
In Francia le cose non andavano meglio. A Parigi, che portava bene evidenti le ferite della guerra, si parlava di epurazione. Ben trenta vescovi erano nella lista nera oltre al nunzio mons. Valerio Valeri, poi cardinale. Pio XII, ricevendo in udienza mons. Roncalli, ci tenne a dirgli che la sua designazione alla Nunziatura di Parigi non gli era stata suggerita da nessuno.
L’idea era tutta sua. C’era bisogno di uno come lui per risolvere un problema delicato. Si trattava dell’epurazione di trenta vescovi accusati di essere stati accomodanti con il governo del generale Pétain. Trenta diocesi sarebbero state private dei loro pastori e non si potevano ordinare altrettanti vescovi da un giorno all’altro.
Mons. Roncalli dovette affrettarsi a raggiungere Parigi per una questione di protocollo. Il nunzio apostolico, anche se avesse presentato le credenziali il giorno avanti al Capo dello Stato, era considerato per tradizione il decano del Corpo diplomatico.
Fu il caso di Roncalli. Arrivò a Parigi il 30 dicembre 1944. L’ultimo dell’anno si recò all’Eliseo a presentare le credenziali a De Gaulle e il 1° gennaio 1945 poté porgere, a nome di tutti i colleghi, gli auguri al Capo dello Stato e pronunciare il relativo discorso.
Se non fosse arrivato in tempo, il privilegio sarebbe toccato, per anzianità, all’ambasciatore dell’Unione Sovietica, Bogomolov, una vecchia conoscenza, essendo stato suo collega in Bulgaria e in Turchia. Poiché in simili circostanze si utilizza il discorso pronunciato in precedenza, beninteso con altri capi di Stato, mons.
Roncalli lanciò un’occhiata d’intesa al collega russo, che lo avvicinò per tranquillizzarlo: «So come vanno le cose, sono vecchio del mestiere...».
Il ministro degli esteri francese, il democristiano Georges Bidaulf, non perse tempo e di lì a poco consegnò al nunzio un voluminoso dossier sul conto dei trenta vescovi da epurare. Roncalli vide a colpo d’occhio che le prove addotte erano assai deboli, trattandosi in gran parte di ritagli di giornale.
Tuttavia preferì temporeggiare. Si legge in un suo appunto: « Quando arrivai a Parigi mi dissi: caro il mio Angelo, date le circostanze hai un solo modo di cavartela, anche se può dispiacere al tuo amor proprio: lascia tempo al tempo».
Le trattative andarono infatti per le lunghe ma alla fine, com’egli stesso si limita a dire: dal 30 era sparito lo zero. Solo tre vescovi furono allontanati dalle loro sedi, e anche per essi si trovò una via d’uscita onorevole, con «spontanee» dimissioni per motivi di salute. Una bella vittoria per il nunzio Roncalli.
«Non dimentichiamo», scrisse in quei giorni, «che la pazienza è quanto occorre ed è necessaria per riportare successi in ogni tempo».

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