|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Luce e colore per l'ammalato
Testo e foto di P. Francesco Calloni
|
|
|
|
|
4) LAUDATO SI', MI SIGNORE, PER QUELLI CHE PERDONANO PER LO TUO AMORE
La scena del perdono è intima e struggente. Perdonare è identificarsi con il fratello. Le due figure di frati formano un tutt'uno armonico. L'abbraccio è avvincente e stretto. I volti si abbandonano per assaporare una gioia nuova.
Il passato dell' offesa e della divisione è ormai lontano. Rami dell'ulivo, simbolo della pace, circondano, con una nota cromatica di festa, la scena del perdono.
Il motivo per cui si perdona non può essere umano: la mano alzata di un frate indica il sole, simbolo del Cristo. È lui, e solo lui la forza che spinge alla riconciliazione.
Accanto alla scena del perdono si sviluppa quella dell'umiltà: la virtù necessaria per acquistare la pace. Davanti alla comunità offesa (ogni offesa ha sempre un risvolto sociale e comunitario), il frate chiede perdono e viene riaccolto dalla fraternità.
Anche qui viene indicato il sole, cioè Cristo, come esempio e fine ultimo di ogni umiltà. In lui, che "svuotò se stesso, prendendo la forma di servo e si umiliò fino alla morte di croce" confluiscono e si perdono tutte le spigolose e negative espressioni che lastricano la nostra vita quotidiana.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
 |
|
|
|
Nella foto: una vetrata di Sante Pizzol, raffigurante Il Cantico delle Creature.
|
|
|
|
|
|
|
5) LAUDATO SI', MI SIGNORE, PER QUELLI CHE SOSTENGONO INFIRMITATE E TRIBULAZIONE
La tribulazione accettata per amor del Cristo (vedi la presenza costante del sole) è visualizzata nella scena del martirio.
Il frate si fa gomitolo per raccogliere e racchiudere, in un movimento circolare, il coraggio e la fede nel momento supremo. Il carnefice è una apparizione oscura che si staglia sinistra sul cielo cobalto e sembra un fosco avvoltoio che ghermisce la preda, fustigandola con un'insanguinato scudiscio che, come una ferita aperta, si prolunga per quasi tutta la limpidità del cielo.
Accanto alla "tribulazione" c'è "l'infirmitate", il dolore, la sofferenza. Tema importante in un ospedale dove la sofferenza è particolarmente corposa e urla.
Francesco d'Assisi diventa il samaritano che scende da cavallo e si china sul malcapitato. Si tratta non di puntare i fari sulla propria sofferenza, ma su quella dell'altro.
Bellissimo il gesto di sollevare la testa al bisognoso e l'intreccio dei due braccia. La scena ricorda certe "deposizioni" fiamminghe; il significato è più chiaro: il fratello bisognoso è sempre l'immagine del Cristo sofferente e chi gli presta soccorso lo deve fare con l'atteggiamento di una madre.
La cavalcatura alle spalle fa da quinta alla scena e con il ritmo compositivo circolare accentua, protegge e chiude quello delle due figure sottostanti.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
 |
|
|
|
Nella foto: una vetrata di Sante Pizzol, raffigurante Il Cantico delle Creature..
|
|
|
|
|
|