Popoli

Alla ricerca dei SANTONI

di Beatrice Giorgi
parte seconda

Al di là non c’è alcun rifugio sicuro. Cinquecento metri più in basso, da qualche parte, il Gange continua a nascere con la forza di un infante già pieno di vita e dal carattere imperioso. Centinaia di chilometri più a valle, frotte di penitenti, ogni giorno, si immergono nelle sue acque per riconciliarsi nell’abbraccio della divinità. E, tutt’intorno, il mondo intero continua a vivere nella vorticosa girandola delle proprie contraddizioni, nell’incerto equilibrio tra bene e male, tra sacro e profano. Intanto, però, oltre la penombra della grotta pare non esistere più nulla. Come ha fatto l’uomo a scoprire da tempo immemorabile un luogo così impervio e inospitale? Mistero!
Mi sono fatto due giorni di autobus da Delhi a Gangotri coprendo una distanza di circa cinquecento chilometri. E ancora due giorni di cammino, di cui uno per attraversare la morena del ghiacciaio. Figuriamoci cosa doveva essere questo viaggio più di duemila anni fa! Semplice!
"Questo luogo è il centro della terra, lo è sempre stato".
Il Baba sorride con dolcezza passandomi il chillum che ha appena acceso. Gli occhi gli brillano alla luce del fuoco. Sarà l’hashish, o la sua invidiabile serenità gli viene dal fatto di sedere sul centro del mondo?
A gambe incrociate, nella posizione del loto, trascorre giornate intere spostandosi col busto quel tanto per afferrare con le mani ciò che gli serve; veramente poco: un pizzico di tè, una patata, un po' di latte in polvere. Al sacco di farina, fuori della sua portata, provvede l’assistente-discepolo, il quale va anche a prendere l’acqua giù al fiume e prepara il chapati. Siede in un cantuccio, di fronte al Baba. Il volto grifagno ricorda le caricature di Bosch. Anche lui ha gli occhi dilatati per il molto fumare. Alimenta il fuoco con qualche pezzo di legna. Anziché parlare grugnisce. Quando gli offriamo delle bustine di karkhadè le getta tutte insieme nel pentolone, senza togliere l’involucro di carta. Provo a protestare, ma mi risponde con un sorriso vacuo e ancestrale.
"Baba, quando pensi che smetterà di piovere?".
La domanda è banale e la risposta scontata. Il Baba aggrotta la fronte e socchiude gli occhi a cercare l’ispirazione divina. Ogni suo gesto è sacro. "Solo Shiva lo sa".
Foto Calloni

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