Religione

Luna di miele col saio

testo e foto di Alberto Marinetti
parte seconda

Una schiera di giovani, clima goliardico, ma non sguaiato, preghiera intensa. Stupisce la loro faccia pulita, gli occhi trasparenti, i sandali ai piedi, la barba quasi incolta gli uomini, i capelli corti le donne. Una bellezza genuina, quasi rude. Le sorelle non hanno nulla di civettuolo. Serenità splendida, voglia di pregare a fior di pelle, la crocetta a Tau al collo, con inciso un progetto: Dio ti ama. Più che un annuncio, una vita.
Il primo incontro con la comunità, un impatto: sono in corso gli Esercizi Spirituali. Le ore di preghiera di lode nella cappella dell’Annunciazione volano senza guardare l’orologio. Dietro l’altare un grande mosaico: cerchi concentrici di colori che cantano, insieme ai fratelli, l’arcobaleno della vita. Dopo i Vespri secondo il calendario serafico, vengono fuori chitarre, due flauti, un clarino, un violino, due pianole. Inizia la preghiera di lode: chi alza le mani, chi ritma con il piede, chi si dondola, chi chiude gli occhi, chi si perde nell’onda dello Spirito. Qualcosa ondeggia dolcemente nell’aria, senza forzature. Cristo è ancora capace di elettrizzare a suon di ritmo, battimani, invocazioni, sussurri. Loro lo chiamano parlare in lingue.
Sono qui in veste di osservatore. Non posso permettermi di lasciarmi trascinare come quella sorella che chiude gli occhi, estatica, quasi assente. Oppure serena, perché in pace?

A tratti si alza una voce a tradurre lo Spirito: “Lode a te, Signore Gesù!”; “Grazie per avermi pensato dall’eternità”; “Vogliamo fare esperienza del Dio vivo”; “Non abbiamo paura: non sei venuto per giudicarci, ma per amarci!”.
Perché un istituto di vita consacrata in più?
Padre Pancrazio non lo voleva e neppure ha capito subito che cosa lo Spirito pretendesse da lui. Pensava di creare un gruppo, una ventina di consacrati di supporto al convento. Poi è stato ispirato dall’idea di saldare insieme i carismi di Marta e di Maria: preghiera e servizio di accoglienza, Casa Betania, appunto. La presenza di padre Pio è ancora viva. Pancrazio scrive: “Nei primi anni di questa esperienza di vita comunitaria, padre Pio, in sogno o in visione non lo so, mi ha espressamente assicurato: Sarò sempre con voi. In verità, a distanza di anni, posso confermare questa sua presenza in tante circostanze e in molteplici modi che diversamente e umanamente non sarebbero stati possibili o spiegabili, sia dal lato materiale che, soprattutto, dal lato spirituale e morale”. Stefano mi dirà: “Per noi non accogliere è un peccato. Puoi dirlo anche ai lettori di Cammino: chi volesse passare qualche giorno di preghiera con noi per incontrare se stesso, telefoni allo 080- 35.17.712. Sarà accolto come un fratello”.

Marco (31 anni, è qui da 4) snocciola la sua storia: “Vengo da Milano. Facevo il prestigiatore, l’illusionista: mi esibivo al teatro Lirico, al Nazionale, TV private. Sempre fuori casa, con gli amici, splendidi fine settimana. Poi mi sono accorto d’essere stato scelto, che non ero io a scegliere. Sono venuto qui a fare un’esperienza. Una comunità di uomini e donne sotto lo stesso tetto mi dava fastidio. Il mio ideale era farmi cappuccino. Mi sentivo a disagio. Ci sono tornato e volevo scappare via, ma il Signore m’ha messo a letto: 40 giorni, un inizio di polmonite. Lui mi lavorava pian piano, aveva un progetto strano. Non mi par vero. Malato, non vedevo nessuno, sepolto nel silenzio. Ma la comunità mi stava vicina. Padre Pancrazio ha una delicatezza paterna. E sono arrivato qui. Vedo chiaro, che è Dio che agisce. Oggi dico: guai a chi mi tocca questa famiglia, che sento mia”.

Padre Pancrazio: barba fluente, aspetto dolce e sereno, ne é il papà, più che il comandante in capo.

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