Ad ogni età il suo gioco
Servizio speciale
Sul finire del primo anno compare il gioco di spingere un oggetto con un altro, di fare una torre con i cubi, di unire oggetti e separarli, di tirare fuori un oggetto dalla scatola e rimetterlo dentro.
parte seconda

Verso la metà del primo anno si delinea la comparsa degli oggetti transizionali normalmente rappresentati da copertine, straccetti morbidi, animali di peluche. L’uso di un pezzo di stoffa come oggetto transizionale generalmente è presente prima dei dodici mesi, mentre l’orsacchiotto o la bambola di pezza sono usati dopo i diciotto mesi. Abitualmente essi vengono abbandonati dopo i cinque anni.
La nascita degli oggetti transizionali è collegata al processo di separazione dalla madre. Più precisamente, nel bambino appena nato gioco e fantasia si confondono.
In tale situazione, il bambino non percepisce la differenza tra sé e la madre, ma si ritiene un tutt’uno con il seno materno e quindi fantastica di potere provvedere in modo autonomo alla propria esistenza.
In un secondo tempo però, con l’allentarsi dell’adattamento materno, il bambino passa progressivamente dall’illusione esaltante di onnipotenza alla disillusione dolorosa del limite, determinata dalla scoperta della separazione dalla madre, percepita come non-me. Per superare l’angoscia, il bambino crea uno spazio intermedio, detto spazio transizionale, che come tale rappresenta in parte l’unione con la madre e in parte la separazione da essa.
Più precisamente, il bambino crea (tra i quattro e i dodici mesi), all’insaputa del genitore e talvolta anche contro il suo stesso volere, un suo oggetto come difesa attraverso cui cerca di elaborare l’angoscia di separazione dalla madre.
Tutto questo è rappresentato dalla scelta privilegiata di un oggetto, detto transizionale (il proprio pollice, una pezzuola di lana, una bambola, un orsacchiotto di peluche, ecc.) con cui trastullarsi e tentare di riprodurre sensazioni tattili, olfattive, termiche, uditive collegate alla madre.
Per il modo con cui è vissuto dal bambino, l’oggetto transizionale si distingue sia dall’oggetto primario (seno materno) che dagli oggetti riconosciuti come esterni a sé. Esso sta, per un verso, al posto del seno materno e, per un altro, anticipa la prova della realtà. L’oggetto transizionale assume insomma il ruolo di ponte, di mediatore tra la fantasia e la realtà, tra il mondo interno e il mondo esterno, allo scopo di rendere meno sofferta la scoperta della madre come non-me e quindi di permettere una sana elaborazione del processo di separazione da essa.
L’attività ludica diventa, insomma, la prima fonte di apprendimento. Permette la sperimentazione della realtà. Aiuta ad acquisire la fiducia in se stessi. Incoraggia il dominio sui vari oggetti. Apre alla relazione con gli altri. Unisce e allo stesso tempo separa il reale dall’immaginario in uno spazio di confine tra il me e il non-me, tra il soggettivo e l’oggettivo.
Possiamo quindi dire che verso la fine del primo anno il gioco si pone come momento di passaggio dal principio di piacere al principio di realtà, dal processo primario al processo secondario, dalla dipendenza all’autonomia.
In questa fase, infine, il bambino nota la presenza di altri bambini solo quando può servirsi di loro allo stesso modo di una bambola o di un orsacchiotto di pezza.
In sintesi, nel primo anno le attività ludiche coincidono con il bisogno di nutrizione, di soddisfacimento, di gratificazione, di sicurezza, di manipolazione e di creazione di rapporti con la figura materna e, successivamente, di ricerca di autonomia, di scoperta dell’ambiente circostante e di bisogno di mostrare ad esso le proprie abilità
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