Religione
La statua di Maria.

Il seminario del santo inquisitore

testo e foto di P. Francesco Calloni
parte quinta

UNA STRANA CAPPELLA PER UNA FEDE GIOVANE 

Devono aver avuto un coraggio da leone i superiori del seminario ad approvare il progetto azzardato della nuova cappella le cui moderne vetrate si aprono sotto un lato dell'austero quadriportico domenicano. Il dialogo tra antico e nuovo, l'alleanza tra l'artista moderno e la fede sono sempre rischiosi.
Un rischio che valeva la pena di accettare in un luogo dove i seminaristi si preparano ad affrontare il mondo contemporaneo. Lo scultore Guido Lodigiani deve aver meditato a lungo il Prologo del Vangelo di Giovanni.
Le dieci vetrate corrono sui lati, dal fonte battesimale dell'ingresso alla stupenda pala della Crocifissione del Cerano sul presbiterio. C'è il tema della madre terra che protende verso il cielo il suo verde ricercando angosciosamente la luce e c'è il cielo che risponde, di finestra in finestra, con un supplemento sempre maggiore di luce del Verbo.
Gli spazi delle vetrate sono collegate con un fiotto continuo di rosso sangue che sembra la continuazione di quello che esce dal costato del Cristo della pala e con un rigagnolo d'acqua azzurra proveniente dal battistero dell'entrata. Sulla destra le vetrate mostrano la terra che ormai fiorisce sotto la pressione amorosa della Luce-Verbo. I simboli sono evidenti e pregnanti.

La teologia giovannea è tutta qui, grumo di luce e di colore, pentagramma di musica prima sussurrata e poi esplodente. È ancora S.Giovanni che viene rappresentato nell'ambone, luogo dell'annuncio della Parola, mentre la mensa eucaristica racconta sui quattro lati la pesca miracolosa, il Cristo che spezza il pane, l'angelo che consegna la croce a Pietro e il ritratto dell'apostolo Giovanni.
All'interno di questo tracciato iconografico appare strategica la collocazione della figura di Maria tra il presbiterio e l'assemblea. È certamente la figura più sconcertante e rischiosa che non ha risparmiato polemiche e giudizi negativi. Scandalizza l'iconografia insolita: l'accentuarsi in esaltazione della succinta femminilità della Vergine.
La quale, tuttavia, sprigiona un ritmo compositivo travolgente. Pronta ad uno scatto, tesa da un lato verso la Croceifissione del Cerano alla quale volge lo sguardo e dall'altro allunga all'assemblea le sue energiche mani che, sole, sono un superbo ed espressivo momento scultoreo. Non è certo una raffigurazione adatta ad ogni spirito.
Ma in un luogo dove il futuro prete si incontra con il "mistero del Verbo che si fa carne", la lezione di Lodigiani è priva di ogni sbavatura retorica o sentimentale.
Mio fratello Angelo mi accompagna nel giro. Ora lui è un "Don" con i capelli molto brizzolati. Qui a Seveso arriva dopo le lunghe ore di equazioni e logaritmi spiegati ai seminaristi di Venegono (Va). Al venerdì approda nel confessionale di questo santuario dedicato ad un santo Inquisitore che per la difesa della Verità cristiana doveva prima o dopo aspettarsi un colpo di coltellaccio in corpo. Così come avvenne.
Qui don Angelo, tra un'arcata e l'altra si lascia sfuggire alcuni ricordi che queste mura hanno registrato e trattenuto: quando era adolescente dal corpo allungato di magrezza di un dopoguerra famelico, avvolto come un gomitolo nel "tabarro" nero che il nonno aveva ceduto per il futuro prete.
E raccontando, il brizzolato professore di matematica rabbrividisce ancora come negli inverni di una volta, nei dicembroni di un tempo, anche se oggi è una magnifica giornata di incipiente primavera.


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