ATTUALITA' E CULTURA
Foto della guerra '15-'18, quando i muli erano preziosi.

muli e asini

I parenti poveri del cavallo

di Jenny Vestri Boncori
parte terza

E dal prezioso aiuto che quest’animale ha saputo dargli è nata un’altra iniziativa (non poteva essere altrimenti), quella di fondare l’Aivam, Associazione italiana per la valorizzazione dell’asino e del mulo, istituita proprio per riconoscere a questi due splendidi amici dell’uomo, infaticabili lavoratori, la dignità che meritano al tramonto della loro esistenza.
Il suo è un accorato appello: "Quello che rischia di più è sicuramente il mulo perché l’asino è ancora abbastanza diffuso nel Meridione e in Sardegna, anche se la sua presenza è meno appariscente di un tempo, grazie ai mezzi meccanici che gli hanno rubato il lavoro.
Per il mulo invece il problema si sta facendo serio perché l’animale, che nasce dall’accoppiamento tra la cavalla e l’asino, è sterile e non può riprodursi senza l’intervento dell’uomo, il quale ha perso ogni interesse perché il quadrupede non serve più.
Con lo spopolamento delle nostre montagne, questo animale, che è stato per secoli alla base dell’economia di queste zone, ora è sul punto di scomparire. Andando di questo passo, se si vorrà vedere com’era fatto un mulo, fra non molto dovremo ricorrere all’enciclopedia per trovare una sua effigie".
La sopravvivenza del mulo nel nostro Paese si basava soprattutto sul fatto che l’esercito impegnava l’animale nelle zone alpine.
Ma poi, un bel giorno, qualche “pezzo grosso” ha deciso che, forse, sarebbe stato meglio mandarlo in pensione; finché si è arrivati alla botta finale, a dargli quel colpo di grazia che l’animale assolutamente non merita.
Già da tempo tutti i reparti someggiati delle Truppe Alpine erano stati messi in liquidazione ma si sperava che, almeno per gli ultimi esemplari rimasti, venisse trovata una soluzione che permettesse loro di trascorrere una serena vecchiaia, se non altro per non mancare di rispetto ad una delle più belle tradizioni del nostro Paese. Invece no.
È bastato un ordine del Ministero della Difesa, un timbro e una firma sull’apposito modulo e ciao. Tutto è finito. Messi all’asta al miglior offerente, come oggetti che non servono più. Ora non gravano più sul bilancio della Difesa, quasi che il modesto costo del loro mantenimento potesse causarne la bancarotta. "Piuttosto che perder una tradizion, l’è melo brusar un paese... ", così ha scritto un altro autore di montagna, Mario dell’Eva sull’ “Alpino”, il mensile dell’Associazione nazionale del corpo.
Si tratta di un vecchio proverbio delle valli bellunesi che rimanda ad un’altra citazione, anche se in questo momento non saprei dire di chi.
La frase recita pressappoco così: “Un popolo che con troppa facilità spezza certi legami col suo passato e rinuncia ad alcuni dei suoi simboli più cari, è destinato prima o poi a non avere più una propria identità, a non avere più un futuro...”.

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