ATTUALITA' E CULTURA

muli e asini

I parenti poveri del cavallo

di Jenny Vestri Boncori
parte seconda

Ci riceve nella sua baita, vicino a Giaveno. Una casa piccola ed accogliente, a 1000 metri sulle montagne alle spalle di Torino, arredata con pochi mobili ma tanti oggetti che stanno lì a testimoniare gli incredibili viaggi compiuti ai limiti del mondo.
La sua passione per 1' “impossibile” è nata quando era molto giovane e percorreva da solo i sentieri alpini che tanto hanno dato alla sua crescita e al rapporto intimo con se stesso. Racconta come calandosi in un’altra dimensione: "Arrampicavo e fantasticavo.
Il primo regalo che mi ha fatto la montagna è stato proprio questo: mi ha dato qualcosa a cui pensare, un ideale negli anni insulsi e critici della mia gioventù. Poi è servita ad aprirmi la mente, ad usare la mia fantasia e, per ultimo, mi ha portato a scrivere.
Pensavo a tante cose ma l’argomento preferito di quel dialogo con me stesso era sempre il solito:- scoprire nuove mete. E così, quando ho chiuso con l'alpinismo, ho cominciato a viaggiare in Europa, Africa e Medio Oriente.
Nel ’63 con la mia “500” sono arrivato in Marocco e tre anni più tardi c’è stato il primo incontro con il deserto, il Grande Erg Occidentale, percorso a piedi e in cammello.
Ciò che mi ha portato al deserto è stata la sensazione degli spazi infiniti, la voglia di vedere sulla mia testa un cielo sempre azzurro e il desiderio di vivere, anche per poco, una vita diversa, primitiva, sentirmi libero nel silenzio assoluto.
Dopo la montagna soltanto il deserto poteva darmi tutto questo. All’inizio pensavo di ripetere l’impresa di Lawrence d’Arabia, che aveva attraversato il Nafud, ma la guerra tra Egitto e Israele mi costrinse a cambiare progetto.
Allora ho volto il mio interesse verso il Sahara e ho organizzato la spedizione scegliendo come punto di partenza Beni-Abbes e da lì, lungo 500 chilometri di sabbia con dune alte fino a 700 metri, fino a Timimoun.
Il gruppo era composto da cinque europei, quattro cammellieri, un interprete e ventitré cammelli per il trasporto di sei quintali tra viveri, medicinali e scorta d’acqua.
Tredici giorni di viaggio che hanno cambiato la mia vita; tredici giorni in cui il deserto, sempre uguale e sempre diverso, ha dominato la scena e così pure i nostri animi. Il ricordo più vivo è la sensazione di completo isolamento, senza alcuna possibilità di comunicare con il mondo civile, tagliati fuori da tutto...
Già, perché le autorità algerine ci avevano negato il permesso di portare con noi la radio e tanto meno armi per difenderci dagli assalti dei predoni. Sì, perché il pericolo era anche quello dei predoni che, per fortuna, in quei giorni battevano un’altra zona".
Ma la passione per l’avventura porta Ezio Capello a tentare imprese mai prima tentate da altri, come costruirsi una canoa di legno con le proprie mani, assai simile a quella usata dagli indiani del Nord America, e trasportarla a dorso di mulo fino ai laghi più alti delle Alpi per navigarli.

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