Franco Loi

La voce della poesia ossia la poesia della voce

di Vittorio Cozzoli
parte seconda

Questa modestia è aspettarsi la rivelazione della verità, così come gli viene dello dalla voce interiore, che non è quella della mente, e che non è, quindi, un concetto, ma qualcosa che prende le forme della vita. A volte anche di un paesaggio, a volte di un uomo o di una donna, o degli oggetti che fanno parte del vissuto del poeta; ma questi, come dire?, non si ordinano secondo i dettami di una mente cosciente o di una cultura o di una ideologia o di una filosofia, ma si ordinano come dice Dante: "Io mi son uno che, quando Amor, mi spira noto e a quel modo che ditta dentro, vo significando". Così, a quel modo che lui ditta dentro, vo significando, vado riempiendo di segni. Allora qui è tutto il nocciolo dell'atteggiamento poetico e del poeta nei confronti della verità. Non è la pretesa di ordinare secondo una verità precostituita, ma è l'attesa di una verità che si riveli. Ecco, questo atteggiamento fa sì che il poeta, dentro la metafora della sua verità, delle sue memorie, delle sue esperienze, lasci trasparire qualcosa d'altro, una verità nascosta. E questa verità, che rimane celata al poeta, rimane celata a tutti gli uomini. Non ha nessuna pretesa, ma è un invito, un invito a cercare.

Cozzoli: Per esempio, per gli uomini di oggi, in questa società di questo Occidente così in crisi, cosa può rappresentare la poesia, se viene da poeti veri, che hanno autenticamente una loro speciale condizione dentro questo oggi? Il problema è anche questo: che gli uomini di oggi sono spesso condotti verso un tipo di poesia o verso una concezione della poesia che non sempre è vicina al problema della verità. Quindi, in che senso il poeta vero (capisco cosa sto dicendo ed i rischi dell'affermazione) può essere di aiuto agli uomini che vivono in questa società?

Loi: La poesia, e non solo oggi, è stata ed è di aiuto per un motivo molto semplice: non fa come le filosofie in genere che tendono a chiudere la realtà dentro uno schema. E se è vero, però, che i veri filo-sofi in genere, quando appunto sono veri filosofi, sono grandi cercatori e non pretendono mai di dire la verità, i poeti non fanno così. La poesia li libera e li invita a riaffrontare la realtà, come se non la riconoscessero e tu non la riconoscessi. E questo è fatto in modo da indurre chi legge a vedere cosa la realtà dice, a riflettere, ogni volta da capo, su quello che la realtà gli presenta, per capire come è questa realtà. La poesia vera ci insegna una cosa importante: che nella ricerca non si deve seguire il modo di fare dello scientismo in genere, con le sue chiusure di tipo biologico, psicologico, fisico. Se questo è vero per lo scientismo, questo però non vale per la vera scienza, che non si ferma mai davanti alle chiusure. Questo succede perché è sempre pronta a rimettersi in gioco e a capire che cosa c'è al di là dei risultati che sono stati raggiunti. Ecco il problema: bisogna confrontarsi con la realtà. Questo il poeta lo sa istintivamente. Guarda la realtà e lascia che gli dica. E' questo suo dire la realtà che libera l'uomo, lo invita a riproporsi nei confronti della realtà. Questo è importantissimo, perché gli impedisce di essere un oggetto e di diventare una pedina dentro uno schema vuoto. Questo schema rende schiavi tutti. Rende schiavi anche i filosofi di scuola, di accademia, che pensano di essere consapevoli del reale.


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