Lutero a Milano

testo di Jenny Vestri Boncori

foto Calloni

parte quarta

La chiesa luterana nel nostro Paese conta, oggi, settemila membri, una parte di origine tedesca, una parte nata dal lavoro evangelistico affiancato all'azione sociale. Esistono poi alcune comunità scandinave, un'area "fluttuante" di circa ventimila persone d'estrazione luterana che soggiornano temporaneamente in Italia e sono prive di contatti regolari con le chiese organizzate. L'apporto luterano nella teologia rappresenta il nerbo del pensiero protestante e tutte le chiese nate dalla Riforma hanno attinto a questa sorgente i loro concetti teologici più importanti: l'autorità decisiva della Scrittura, la giustificazione per grazia mediante la fede, la nozione evangelica di chiesa, l'equilibrio tra predicazione e sacramenti. Quest'ultimo punto caratterizza i luterani di fronte a riformati, battisti, metodisti: mentre in questi la parola prevale sul sacramento, il luteranesimo mantiene invece la parità tra questi due contrassegni della chiesa.

Vorrei parlare con i fedeli, ma soprattutto vorrei ascoltare l'organo (il suo entusiasmo mi ha contagiato), cosi gli dico che sono disposta a tornare. L'incontro con i fedeli avviene in una domenica piovosa. Questa volta è il pastore Paolo de Petris ad accogliermi subito dopo la funzione. La chiesa, in via M. Marchi, 9, è il centro del luterani milanesi ma anche dei riformati. Cosi mi ritrovo a pranzare in una comunità mista, dove le esperienze di ognuno convergono in un unico termine. "Siamo protestanti", dice Rossana De Petris, la moglie del pastore. "Siamo nati entrambi in una famiglia cattolica ma ad un certo punto abbiamo sentito l'esigenza di un rapporto più diretto con Dio attraverso la Sacra Scrittura".


Sommario