Don Lino: un monaco discreto, viso rotondo, quasi beato. "Ho 77 anni, 59 da monaco. Ne avevo 13 quando entrai. Con fatica, perché è giusto che sia così. Però è stata una bella avventura". "Bella, come?". "Perché l'ho sudata, costruita con le mie mani. I primi tempi era duro. Per vent'anni mi sono alzato all'una di notte per pregare; si mangiava di magro; le difficoltà di convivenza, però sono contento d'essere monaco. Se rinascessi cento volte cento volte lo rifarei. Sono l'ultimo di otto e non ero mai uscito di famiglia. Ho sentito molto la mancanza della mamma. Facevo le birbonate e mi sgridava. Quando è morta, sono rimasto stordito. Un trauma. Mi son messo in ginocchio e ho detto: "Adesso la mia vocazione è al sicuro, perché ho qualcuno lassù che mi pensa... ma è una cosa troppo personale...". "Il futuro?".

"E' sempre un'incognita. Io sono fiducioso, viene il momento della ripresa. Ho visto tanta pace e serenità nel Capitolo generale! Certo, dobbiamo testimoniare sul serio. La nostra non è una vita disumanizzata: aiutiamo l'uomo nelle sue aspirazioni. La vita camaldolese è un cammino verso il triplice bene: per i principianti c'è il desiderabile cenobium (la vita insieme); per i professionisti c'è l'aurea solitudo eremi (la solitudine dorata dell'eremo) e per gli arrivati alla perfezione l'evangelium paganorom (l'evangelizzazione). Quanto più uno vive la so-litudine, tanto più profondo è il suo contatto con Dio. Si passa per tre fasi: da monaco ad eremita, da eremita ad apostolo. Tre dimensioni spirituali: cenobio, eremo, universo. Da quattro anni mi dedico alla traduzione degli scritti di S.Pier Damiani. Una faticaccia. La sua opera poetica non è mai stata tradotta per intero. Mi piace la sua umanità. Carattere romagnolo: sanguigno, rude, tagliente. Poi si pente, chiede perdono. Anche la chiesa d'allora aveva bisogno di riformatori. Trovo nelle prèces tanta dolcezza, che lo rende così umano! Insomma, io gli voglio bene".