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Il mistero degli uomini bianchi |
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Ore 11.30: la Messa. L'antifona parla dei prodigi dell'amore. Il Kyrie-eleison pare una nenia per cuori stanchi e feriti. Il Gloria, una fontanella di gioia. I concelebranti cantano e pregano sotto le braccia di un crocifisso sproporzionato come ogni dolore d'uomo. La lettura è tonificante: "Non più stranieri ed ospiti, ma concittadini dei santi, familiari di Dio". La volta risponde, le pietre bianco-sporco pregano anch'esse con la loro simmetria. Dal Vangelo si sa che Gesù si ritira in disparte a pregare. Ma come, che bisogno ha Lui di pregare? E le genti andavano a farsi curare. Anche della noia della vita? Un velo di pane fiorisce il Cristo che sfama. "Non guardare i nostri peccati...". Il Cristo sembra distogliere lo sguardo, chiudere gli occhi. Le cocolle bianche, il mantello, la chiesa vestita di pietre chiare, tutto emana qualcosa di sponsale a celebrare l'unione tra il Cielo e la Terra. Dietro il monastero c'è un altro monastero - la foresta - fatto di querce e faggi, tronchi piegati, lavorati dal vento, radici contorte, sofferenti. Come le anime degli uomini, monaci compresi.
Passeggio in compagnia dei colori esaltanti l'autunno. Una gamma infinita come la preghiera dell'eremo. Gialli vivi si stemperano in tenerezze rosa tiepido; si passa all'arancione per spegnersi nel rosso seppia ed arrivare allo scarlatto. Le gambe portano a spasso la mia anima fin dove la stradina si fa sentiero. 300 ettari di bosco. Un tempo c'erano pecore e mucche. Oggi i colori. Cammino adagio per assaporarli. Tendo a guardare per terra. A tratti m'impongo di guardare verso l'alto. Fruscii, musiche di vento. Mi sento in compagnia di qualcuno. Forse Romualdo, Pier Damiani, i monaci che dormono nel cimiterino. Oppure l'anima di Simone che mi racconta ancora di sé, libro aperto, gli occhi lucidi e trasparenti, di un giovane appassionato per l'Eterno? Querce e faggi recitano in coro le Lodi del mattino: "Lasciamo la notte alle spalle - La terra si doni alla luce - Il Signore è la mia forza". La stessa salmodia che invade le navate, sale sulle volte del cielo, ricade e inonda il cuore. Ora serena a sollevare e risanare ferite interiori; ora nostalgica quasi ad accelerare i tempi dell'eterno; oppure gioiosa come le onde del mare. Scale musicali, su e giù. Su a portare angosce e dolori, giù per dare pace, gioia di vivere. Lascio il monastero con un rammarico: forse nella vita mi sono sforzato di dare, fare, strafare per gli altri. Mi sono consumato o mi sono dimenticato di... lasciarmi amare? All'imbrunire una nebbiolina melanconica avvolge la valle, s'arrampica sulle montagne. Una nostalgia di Cielo monta dentro. Sulla via del ritorno la vallata pare più spaziosa. Come il monastero che fa spazio per il monaco burlone, per il novizio implume, per l'oblato che parla solo con Dio. Porto con me il cuore dell'eremo. E tanta pace. E Grazie, fratelli monaci. |
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