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Il mistero degli uomini bianchi |
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Passiamo nel chiostro con la sua bella fuga di archi; anticamera di luce misurata che prepara alla preghiera. Il simbolismo richiama il giardino dell'Eden e della risurrezione. Poi Simone mi fa penetrare, discretamente, nell'eremo del suo cuore: "Sono di Roma, 25 anni, da tre in monastero. Diverse fidanzate. Il rapporto di coppia mi lasciava insoddisfatto. Volevo di più, non mi bastava. Con l'ultima ho avuto un rapporto intenso, due anni. Una cosa seria, non un gioco. Ci volevamo bene, un'esperienza positiva, un amore sincero. Ma lì non ci trovavo la mia felicità". "Come glielo hai detto?". "Delicatamente, ma esplicitamente. Sentivo una tensione diversa...". "Ha pianto?". "Sarebbe stato strano il contrario". "Non credi díaverla ferita nei suoi sentimenti?". "Era dispiaciuta, ma ha capito. Poi ha trovato un altro e siamo rimasti ottimi amici. Mi sono ritirato per una settimana di silenzio assoluto. E ho deciso di impegnare la mia vita per Cristo".
"Come ti senti da monaco?". "Essere monaci é un'intuizione. E tanta attesa. Per diventarlo ci vogliono 20-40 anni. Perché fare il monaco non é un fare, ma uno spogliarsi di sé e attendere che lo Spirito ti indichi il cammino. Tradizioni, pratiche, formule ci vogliono, ma non sono sufficienti, altrimenti uno diventa un monaco-manichino, una fotocopia. Non basta infilare un abito. All'inizio uno deve fare piazza pulita degli stereotipi. Veniamo in monastero con l'idea che basti osservare delle norme, invece è un cammino. Si diventa monaci, imparando anche a non fare. Uno prima deve saper essere uomo, senza massacrarsi, altrimenti vuol dire che non ha fatto i conti con la verità di se stesso, dei suoi limiti. |
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