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La laureata |
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Così, nessuno è mai tornato dal suo funerale.
Queste sono certezze. Le altre invece... Eppure... ci sto. Perché da un Dio mi attendo di tutto. Sono posseduto da un Dio vivo e non da un Dio compianto perché messo a morte. Parafrasando Pascal posso affermare che con il sepolcro vuoto ci è dato abbastanza per sapere che la nostra fede non è fondata sull'allucinazione, ma non ci è dato abbastanza perché possiamo sostituire la nostra fede con una dimostrazione fisica. E se Lui, il Risorto, in questo cangiante crepuscolo di aprile, ci venisse a trovare? Aggiungesse alla mia la sua visita? Come con i discepoli di Emmaus? Troverebbe me davanti ad una tazza di tè ancora fumante, un portacenere testimone annerito di un piccolo vizietto, due splendide creature inventate dal suo amore creatore, una donna che cerca di nascondere le rughe di una vedovanza sofferta, di un dubbio non risolto. Io mi alzerei e gli toccherei subito la mano per guardare lo strazio dei chiodi. Sentirei che le parole dette sul Risorto non hanno più necessità di essere ripetute; mi incespicherei nel dirgli che appartengo alla sua milizia come sacerdote, perché immediatamente mi vedrei un tentativo, un gomitolo arruffato, un tessuto più a rovescio che a dritto. Non avrei più bisogno di prove per sentirlo Risorto. Gli diremmo tutti e quattro con voce strozzata senza distaccare gli occhi da lui: "Entra, Signore, perché si fa sera". * * * Si è seduto sul cuscino del divano, è un bel Signore e dice: "Se permettete, rimango". Siamo nel viola del tramonto, vedo che ci stringiamo. Anche la laureata gli fa posto. |
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