Servizio Speciale
Il capolacoro: IL CONCILIO
Parte seconda ed ultima
Sotto la protezione della Vergine e del Poverello di Assisi prese l’avvio la grande «avventura» ecumenica. Il papa, dopo la solenne funzione d’apertura, si limitò a una presenza «discreta», due volte soltanto, rispettoso com’era della libertà dei Padri conciliari. Giovanni XXIII poteva seguire i lavori dell’assemblea per mezzo di un «servizio d’ascolto», cioè un collegamento radio-televisivo che gli permetteva d’essere presente non visto. Interveniva personalmente quando emergevano i pareri troppo discordi; in tal caso avocava a sé la questione per affidarla poi a una commissione di cardinali e di teologi, permettendo così all’assemblea di proseguire senz’altri intoppi nell’esame degli altri articoli. Papa Giovanni annota sul diario in data 11 ottobre: «Questa giornata segna l’apertura solenne del concilio ecumenico. La cronaca è su tutti i giornali, e per Roma è nei cuori esultanti di tutti. Ringrazio il Signore che mi abbia fatto non indegno dell’onore di aprire in nome suo questo inizio di grandi grazie per la sua Chiesa santa. Egli dispose che la prima scintilla che preparò, durante tre anni, questo avvenimento uscisse dalla mia bocca e dal mio cuore ».
La sera dell’11 ottobre, giorno d’apertura del Concilio, è ricordata per una frase felice rivolta alla folla che gremiva piazza S. Pietro. La gente, quel mattino, aveva fatto ala ai padri conciliari che attraversando la piazza si dirigevano alla Basilica, tra un fluttuare di sacri paramenti e di candide mitrie di vescovi, con effetti suggestivi e la rincorsa dei fotografi per accaparrarsi l’angolatura migliore.
Penultimo giorno del Concilio nella basilica di S. Pietro: due vescovi cappuccini.
Quella stessa gente si trattenne nella grande piazza fino oltre il tramonto. E fu a questo punto che si accesero tante fiaccole, come già accadde quindici secoli prima a Efeso, quando i Padri conciliari proclamarono il dogma della divina maternità di Maria. La folla puntava gli occhi alla finestra illuminata dello studio del papa, e ne invocava la comparsa a gran voce, finché, cedendo alle insistenze del segretario, di dare almeno un’occhiata fra le persiane accostate della camera, Giovanni XXIII credette bene esaudire le invocazioni dei fedeli.
Alla finestra illuminata dello studio apparve la bianca figura del papa e si udì la sua voce emergere dall’eco dei battimani. Parole semplici, destinate a rimanere nella memoria di tutti e riprodotte in migliaia di dischi e audiocassette, perché inusuali in un papa: «Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero; qui di fatto tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera. Osservatela in alto a guardare questo spettacolo. Gli è che noi chiudiamo una grande giornata di pace; sì di pace e gloria a Dio e pace agli uomini di buona volontà. Occorre ripetere spesso questo augurio. Soprattutto quando possiamo notare che veramente il raggio e la dolcezza del Signore ci uniscono e ci prendono; noi diciamo: ecco qui un pregustamento di quella che dovrebbe essere la vita di sempre, di tutti i secoli e della vita che ci attende per l’eternità... Questa mattina abbiamo goduto di una visione che neppure la basilica di S. Pietro, nei suoi quattro secoli di storia, ha mai contemplato. Apparteniamo a un’epoca nella quale siamo sensibili alle voci dall’alto...».
La sua voce calda e robusta planava dall’alto su una folla attenta e commossa, pronta a cogliere non tanto le connessioni logiche di quelle frasi, frutto di improvvisazione (« Ho già detto tutto questa mattina », aveva obiettato al segretario che lo invitava a dire qualche parola alla gente), quanto il calore di un sentimento genuino: « Facciamo onore all’impressione di un’ora così preziosa. Siano sempre i nostri sentimenti quali adesso li esprimiamo dinanzi al cielo...».
Una breve pausa, poi il tocco finale di un discorso a braccio la cui eco continua a ripetersi per riproporci l’immagine del papa buono, semplice, alla mano: «Tornando a casa, troverete i vostri bambini. Date loro una carezza e dite: questa è la carezza del papa. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Sappiano gli afflitti che il papa è con i suoi figli, specialmente nelle ore della mestizia e dell’amarezza. Infine ricordiamo tutti il vincolo della carità e, cantando o sospirando o piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e ci ascolta, procediamo sereni e fiduciosi nel nostro cammino ».
Parole di sempre, in bocca a un buon parroco come a un papa, ma dette da lui, in tono semplice e familiare, avevano il tono della novità. Era il papa di sempre che sapeva far apparire nuove e rivoluzionarie le stesse iniziative progettate da altri, come il concilio ecumenico che si stava celebrando, pensato e programmato già da Pio XI e ritenuto necessario da Pio XII, che non ebbe l’opportunità di attuarlo. Giovanni XXIII, dando prova di grande determinazione, riuscì nella difficile impresa di prepararlo nel giro di pochi mesi.

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