La Madonna nella letteratura italiana
La Madonna nei laudatari del Duecento
(terza puntata)
Regina "pietosa"
di Francesco di Ciaccia
Parte seconda ed ultima
Riguardo alla Madonna, si devono aggiungere poi altre valenze, più propriamente teologiche. Ella è libera dal peccato, dice ancora Bonvesin da la Riva, perché fin dal “ventre de la madre si fo sanctificadha”, e “zamai non fe’ peccao”, sia da piccola, sia da adulta; da ciò, la sua speciale capacità di mediazione fra Dio e gli uomini, in un contesto di rapporti di vassallaggio in cui il potere costituisce, però, solo una difesa dagli “inimisi”.
Ecco dunque che la “regina-signora”, come la chiama il poeta, deriva dalla sua gentilezza la funzione di mediatrice. È una funzione che può svolgere una figura del tutto particolare (“gloriosa”, "speciosa”, “plu dignitosa”), ma che è anche del tutto umana, vicina all’uomo della terra, all’uomo del bisogno. La sua non è la protezione del soldato con la spada: è della madre che allarga il mantello a tutti i suoi “amisi”, come canta Garzo dall’Incisa. Gli uomini non sono i suoi sudditi: sono i suoi amici!
Le laudes del Duecento dunque anche in questa rappresentazione si inscrivono nella tendenza ad umanizzare la Madre di Dio, quale con l’arte gotica si è imposta in pittura. Ci sono, intorno alla Madonna, non solo angeli; ci sono “tugi i afatighai”, tutta la gente che fatica nel mondo, in ogni senso; ci sono “li tribulai”, i “desperai” o, come dice Giacomino da Verona, “li viandenti e li peregrini”.
Ella è “consolatris”, consolatrice di tutti; ma la “pietà” che le si attribuisce è aliena da qualsiasi atteggiamento di sufficienza, al punto che lo stesso Giacomino da Verona, frate francescano, si rivolge a lei “com a dona”: donna che emana “aolimenlo” e “dolzor”, profumo e piacere di cortesia.
A lei il poeta si rivolge per essere ispirato, come i poeti d’amore si rivolgevano alle donne amate: ed ella abbellisce lo “stil” e guida la “penna”, sì che sembra diffondersi, intorno, tutto il suo “odor”, e il mondo “par ken redola”, sembra che ne profumi! Anche in una lauda anonima, Venite a lodare, la Madonna è cantata regina per la sua “bellezza”, per la sua “dolcezza”. Da ciò, l’invito a “gustar” di lei: ad amare questa donna “vigorosa, potente, beata”.
Quando le laudes o alcuni singoli autori descrivono la regalità di Maria nella maestà della sua incoronazione, lo fanno ricorrendo ad immagini tipiche della esaltazione della donna amata nella letteratura dell’epoca.
Ella è chiara e bella “plu ke stella diana”, più della stella che appare al mattino, in oriente, prima del sorgere del sole; e il corteggio richiama una festa gioiosa, a cui partecipa la gente di ogni condizione sociale. Ma la considerazione che, ancor più, fa di questa “regina” la donna più vicina alla vita umana in generale, è che ella è protettrice degli uomini perché ha “conosciuto il patire” come ogni uomo.
In questo senso Maria è definita “donna cognoscente”, come dice Garzo dall’Incisa; e quando ella sarà al fianco dell’anima che ha lasciato il corpo, potrà essere, proprio perché sa cos’è il patire, veramente la donna materna, la regina “pietosa”.

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