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I maniacali
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di Silvio Ceccato
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Lideale per il maniaco potrebbe proprio essere la strada professionale. Coltivare la propria mania, con convinzione e affetto, sino a farla assurgere a occupazione principale. Perché, per esempio, restringere il trasporto-adorazione-fanatismo per gli animali al solo cagnetto domestico e non applicarlo allallevamento, alla veterinaria?
E lattrazione quasi morbosa per la malattia, magari con eccessiva tendenza a correre per ospedali e capezzali altrui, perché non farla divenire un sano diploma dinfermiere? E se il professionalizzarla è difficile, che almeno sfoci in un hobby.
Mi chiedo poi se la mania alla fine non si riveli utile anche per chi vive accanto al maniaco.
Intanto, sappiamo come sia facile accontentarlo, basta lasciarlo fare senza intervenire né con rimproveri verbali né con occhi rivolti platealmente allalto dei cieli. Anche perché bisogna proprio riconoscere che la maggior parte delle manie sono innocue. In aggiunta poi, una volta scoperte, possono essere la breccia che apre una comunicazione.
Se il nostro interlocutore ha il "pallino" dei soldi, vede cioè tutto in chiave economica, si pensi a come sarà facilitato un dialogo, basterà parlargli di soldi (traendo magari qualche buon consiglio sul come investire).
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foto Ferdinando Mattaboni
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Sulla mania che fa nascere una comunicazione ho un curioso ricordo scolastico. Quando insegnavo alle elementari, fra gli attentissimi bambini ce nera una che, non soltanto non mi prestava neppure un quarto di orecchio, ma non alzava neanche gli occhi dal foglio.
Un foglio su cui, senza interruzione, disegnava schizzi di abiti. Le tentai tutte, al limite della seduzione. Niente, lei continuava imperterrita fra volants e frou-frou. Scesi sul suo terreno e feci una lezione di moda. Alzò lo sguardo per un attimo, e fu sufficiente. Potei continuare, allargando il campo, fino allestetica e allarte.
Parlando poi di fobie questa volta sarò costretto a dar ragione persino agli psicoanalisti. Sono infatti daccordo con la loro tesi e cioè lespressione della fobia quale rito protettivo, quale meccanismo compensatorio, equilibrante.
Credo ormai di aver convinto abbastanza chiunque che "fobia è bello", o almeno io spero, perché adesso, purtroppo, devo toccare un doloroso tasto, la non accettazione degli altri. Le fobie, infatti, come del resto le manie sembrano avere un potere deflagrante sulla pazienza di chi sta attorno.
Un po come lavarizia o il narcisismo. Eh sì, non sempre le cose che fanno piacere a noi piacciono anche agli altri. Basta saperlo, ogni tanto la via del nostro vivere meglio non coincide con un sociale vivere meglio. E se la si vuol far coincidere a tutti i costi bisogna essere veramente dei geni.
Ancora una volta bisognerà convincere prima noi stessi della bontà della mania per poi convincere gli altri, o almeno tentare di farlo.
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