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I maniacali
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di Silvio Ceccato
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Quando in casa Rossini cadeva un piatto e si infrangeva al suolo non tutta la famiglia ne era dispiaciuta. Gioacchino, almeno, aveva laria soddisfatta. Correva al pianoforte e riproduceva il suono: do, mi bemolle, sol. Qualcuno insinuava addirittura che qualche volta tirasse sassi contro i vetri per musicarne poi il frantumar di schegge.
Anche il meno noto signor Paolo Fragola in famiglia non gode di fragorosi applausi, ma in ufficio è soprannominato "langelo". Se a casa, infatti, infastidisce per una patologica forma di pignoleria (arriva a raddrizzare la punta delle posate nei cassetti), in archivio, da quando lhanno assunto non cè foglio che non possa essere rintracciato nel giro di otto secondi e mezzo.
E chissà se Casanova sarebbe sopravvissuto ai secoli senza quella sua "particolarità". E chissà quanti avevano visto cadere le mele, ma soltanto un fanatico come Newton le mise in rapporto con la luna e decretò la legge della gravità. Bella forza, non pensava ad altro!
E chissà quanti premi Nobel non avremmo e chissà quanti olimpionici sono stati affetti da monomania. Matematica o tennis, fisica o ciclismo, in questo senso, davvero, pari son.
E se qualcuno ancora non avesse capito dove vado a parare, sarò più chiaro: voglio fare una pubblica difesa della mania, dei tic, delle fissazioni, perfino delle fobie (sempre che gli altri sopportino).
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foto Ferdinando Mattaboni
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Perché? Intanto per una ragione democratica, ne siamo tutti affetti. La gamma è fra le più ricche: dal non poter fare a meno di raddrizzare un quadro storto al bisogno incontenibile di prendere appunti su tutti o tutto, dal voler essere strainformati al perfezionismo dietetico, etc.
E se tutti ne siamo affetti ben venga la capacità di promuovere in serie A cose che altrimenti continuerebbero a restare relegate negli angoli bui, che chiamiamo patologie. Il "se non puoi cambiare gli astri, cambia lanimo", mai fu detto più a proposito. Invece di combattere le proprie manie, dunque, perché non optare per lenfatizzazione?
Abbiamo visto come i grandi, inconsapevolmente o no, abbiano seguito proprio questa via. Fra i letterati abbondano forse gli esempi più raffinati. Si pensi a Dino Buzzati e alla bravura nel trasformare la sua ossessione di morte in racconti quali Sette piani. O alle sue "manie" erotiche che diventano il romanzo Un amore.
Ed era così sensibile allespressione delle manie che persino le altrui lo incantavano. Forse non c'è suo racconto che non nasca dallaver osservato prima e metabolizzato poi una qualche ossessione, un qualche tic. Si pensi a Dostojevski alla sua febbre del gioco e al Giocatore, appunto.
Si pensi a Kafka e ai suoi contorcimenti letterari e si vada a leggere nella sua biografia: «Ho bisogno di un grande ordine per lavorare, una macchiolina nera sul muro può arrestare la scrittura per giorni e giorni».
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