Medicina
Quando il corpo guarisce da solo
di Jenny Vestri Boncori
Parte seconda ed ultima
L’endocrinologo Alberto Cozzi, che partecipò al seminario, sostiene che la fede e la scienza hanno un cammino parallelo e indipendente l’una dall’altra. «Il concetto di miracolo è esclusivamente religioso - sostiene Cozzi - e i nostri parametri razionali non bastano per capirlo.
Le guarigioni di Lourdes non possono essere considerate straordinarie né possono essere spiegate in ambito psicosomatico. È la rapidità con cui il corpo guarisce che fa credere all’in- tervento divino.
Stabilito uno spartiacque tra miracolo e guarigione spontanea, religione e scienza affrontano l’argomento partendo da presupposti diversi; per i teologi l’enigma è prova del miracolo, per i medici è solo prova della loro ignoranza.
Natale Cascinelli, oncologo presso l’Istituto dei Tumori di Milano, ha alle spalle una carriera trentennale, durante la quale è stato testimone di due, forse tre, guarigioni spontanee: «stabilire un’esatta frequenza di questi casi - sostiene Cascinelli - è impossibile perchè sono talmente pochi da non essere misurabili.
È come se la scienza medica dovesse misurare in millimetri avendo a disposizione solo il metro».
Una capacità di autoguarigione è stata riconosciuta dalla medicina soprattutto in passato. Nel primo Ottocento i grandi clinici parigini praticavano il nichilismo terapeutico e nelle corsie ospedaliere molto spesso si assisteva al giro dei medici che, dopo aver visitato il paziente, non prescrivevano alcuna terapia.
Lontani dal voler applicare qualsiasi principio di psicosomatica, confidavano più nella natura, che si pensava avrebbe provveduto da sé, che nei farmaci, la cui efficacia non era quella di oggi.
A distanza di due secoli il concetto di autoguarigione è ancora tutto da esplorare. Gli autori di “Guarigioni Straordinarie” parlano di un asse che collega mente, corpo e spirito, ma è solo un’esortazione ad indagare. «Ho visto persone morire - dice Cascinelli - nonostante la loro enorme voglia di vivere, persone che avrebbero dato qualsiasi cosa pur di non lasciare questo mondo, eppure l’hanno lasciato. Dubito allora che la psiche possa intervenire sul decorso di un tumore in modo così determinante.
Ci sono centinaia di linee di ricerca in questo campo, ma darne per certa una sola è un passo che non è stato ancora fatto. Quale sia il motivo per cui alcuni soggetti vadano incontro ad una guarigione spontanea è molto difficile da stabilire.
Sul piano scientifico mancano gli elementi per capire come la parte sana dell’organismo possa vincere la sua battaglia contro il tumore.
Avviene raramente ma anche quei pochi casi lasciano una traccia, fanno crescere un’idea... Motivo per cui non mi sento mai di dire ad un paziente, anche grave, che la partita è chiusa».

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