Marta e Maria
Tutti pazzi per Daria
di Monica Vanin
Parte prima
Sarà forse perché somiglia alle donne della sua famiglia, che hanno un fascino particolare: basti pensare alla sua mamma (con lei nella foto), Silvana, che splende di un’energia vitale dolcissima.
Per non dire di Mariella, la “nonna”: metto la qualifica tra virgolette, perché con la sua treccia bruna, la figura leggera, l’intensità e la freschezza spirituale dell’espressione sembra piuttosto la sorella delle sue cinque figlie.
Non voglio dire che gli uomini di casa siano figure di secondo piano: dal nonno Giuseppe a papà Santiago, al fratellino Matteo, bruno, sveglio e pieno di vita anche lui… Ma una cosa è certa: tutti stravedono per Daria. E il motivo c’è.
Dio ha impresso su questa bambina un segno di elezione, occultato in una grave anomalia congenita, che per altri può rappresentare una condanna senza appello (addirittura preventiva: consente infatti il cosiddetto “aborto terapeutico”).
Cosa avrà mai, vi starete chiedendo, la bimba incantevole che sorride nella foto? Ce lo racconta Silvana, mentre in cucina prepara un piatto di pastasciutta al marito, e noi (il nostro fotografo ed io) armeggiamo con gli attrezzi del mestiere, quasi imbarazzati davanti a lei, alla sua disponibilità e sincerità così totali.
«Me l’hanno detto al settimo mese di gravidanza, immaginate il colpo» comincia Silvana. «I medici che avevano fatto l’ecografia a metà gravidanza non si erano accorti di nulla, avevano pensato a una ciste.
foto Calloni
Un ginecologo di Padova, invece, ha capito tutto e mi ha spiegato quello che in genere aspetta i bambini col problema di Daria». Il problema, nel difficile linguaggio della medicina, si chiama mielomeningocele ed è la forma peggiore della cosiddetta “spina bifida”.
Per un oscuro motivo, la colonna vertebrale di Daria non si è chiusa in modo regolare: due vertebre della regione lombare non si sono saldate, e il materiale midollare, i nervi e così via, sono fuoriusciti, creando sulla sua schiena una tremenda “matassa”.
«Per di più – continua Silvana - questi bambini sono idrocefali, con versamenti di liquor nella testa, che il loro organismo non è in grado di smaltire». Le conseguenze sono, nella maggior parte dei casi, uno sviluppo insufficiente di tutta la parte del corpo che va dall’ombelico in giù: organi interni, muscoli, gambe, con un altissimo rischio di morte o di grave minorazione permanente.
«Sono stato praticamente l’unico a vederla, tra i familiari, dopo il cesareo d’urgenza con cui è nata» dice Santiago, il papà. «Era distesa a pancia in giù, la testolina tumefatta, la schiena nascosta da quella specie di… cavolfiore impressionante. Sarebbe stato un colpo per chiunque, figuratevi per me che sono suo padre. Dopo un po’ sono dovuto uscire per mettermi a sedere, per prendere fiato».
E ne aveva davvero bisogno, dato che la prima decisione determinante per il futuro di Daria spettava proprio a lui. «I medici hanno detto: se vogliamo darle una possibilità dobbiamo operarla subito, altrimenti entro una settimana o due morirà.
Firmare l’autorizzazione toccava a me: Silvana non era in condizione di farlo. Ho pensato a tante cose, mi sono perfino messo… nei panni di Dio, per così dire. Cosa poteva volere Lui per questa bambina?
Tutti dicevano che l’aspettava, nel migliore dei casi, una vita difficilissima. Ma come facevo io a decidere che era una vita che non valeva la pena di essere vissuta?».
A pensarla in quest’ultimo modo, invece, erano in tanti. Un medico (quanti medici in questa storia!) aveva detto chiaramente a Silvana: «Le parlo come parlerei a mia figlia, signora. Bambini come questi non dovrebbero nascere.
Se la tenga vicino una settimana, ma senza fare niente: non le aggiunga altre sofferenze. La bambina morirà, lei piangerà due giorni e poi penserà a un’altra gravidanza». Povera la figlia di quel medico (se ne ha una), è il minimo che ci viene da pensare.

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