Caro Cammino
di Monica Vanin Prima parte
SOLITUDINE 1

Gentile redazione, sono rimasto piuttosto colpito dalla foto di apertura del numero di maggio della vostra rivista e dalla frase che la accompagnava: “nella vista si è sempre soli, e prima ci si rende conto di questo, meglio si sta”. Mi è sembrato un po’ strano che su una rivista religiosa e missionaria si parlasse in questi termini della condizione degli uomini.
Di solito, sono le persone prive di fede che usano queste espressioni: “Si nasce soli, si vive soli, si muore soli”. Forse c’era un messaggio che non sono riuscito a capire?
Duilio R. - Lodi (MI)

Caro Padre Calloni, ha fatto bene a mettere la frase che nella vita si è sempre soli nel Cammino di maggio.
Così io l’ho messa da parte e l’ho fatta vedere ai miei due figli, che da due mesi non passavano una domenica in casa con me, vecchia vedova e con l’artrosi, e gli ho detto: Mi cercherò un cane ai giardini pubblici, di quelli che vengono sempre lasciati da soli, magari con lui ci capiamo, visto che voi non capite niente di questa mamma stufa di stare sola più di un cane anche la domenica.
Così almeno li ho messi un po’ in imbarazzo e chissà che non ci pensano a certe cose. Grazie da
A.S. – Como

Ma come siete bravi e… reattivi! Ringrazio l’amico di Lodi, per la prudenza e l’attenzione alla mentalità tipica del nostro Occidente: l’autore della frase che vi ha tanto colpito è, infatti, un romanziere, quindi un uomo che può rappresentare benissimo la cultura e la mentalità “di questo mondo”.
Molto sensibile anche la mamma, che ha letto acutamente fotografia e testo, e ne ha fatto un uso … più che legittimo.
Ma bene anche il lettore impertinente, al quale rispondo che non siamo propriamente un incontro di solitudini, ma singole personalità che hanno accettato di lavorare a un progetto comune. In effetti, Padre Calloni è colui che più di tutti è obiettivamente gravato dalla “responsabilità” della rivista (nel corso del 2000 si è anche trovato a smaltire un carico di lavoro particolarmente pesante: chissà che anche questo non abbia influito sulla scelta della didascalia… “solitaria”?).
Ma veniamo a questa apertura così discussa. Non so quanti di voi hanno notato che la foto e la didascalia del mese di maggio erano, in una certa misura, in contraddizione fra loro. La fotografia racconta un incontro pieno di tenerezza e di solidarietà, tra l’anziano, che forse soffre di solitudine, e il cane.
Meglio se al posto del simpatico cane ci fosse stato un altro essere umano, naturalmente. L’uomo, però (ormai vecchio, ma ancora disponibile alla relazione e all’affetto), è stato forse indotto a cercare la compagnia di un animale, leale e fedele, dalle delusioni o dall’abbandono che gli hanno inflitto i suoi simili.
Quante volte ci comportiamo in modo da provocare nel nostro prossimo una riflessione profondamente amara sull’incubo della solitudine, che da sempre ci perseguita? Dovremmo ricordare che siamo “soli” da un importante punto di vista, quello delle scelte quotidiane.
Per quanto parzialmente condizionati da tante cose, l’ultima parola spetta alla nostra volontà. In quel caso è davvero giusto considerarci soli, ed è invece il campo in cui siamo sempre pronti a chiamare in causa Tizio, Caio, le circostanze, i casi della vita, eccetera: insomma, a procurarci prontamente… una compagnia.


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