Vangeli

di un prete di campagna

Una riflessione sui vangeli delle Messe, fatta da un prete che conosce bene i vizi e le virtù della sua gente.

QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

(2 aprile) rito ambrosiano

Un gruppo di compagni di leva si ritrova dopo i funerali di un loro coscritto; oltre a riandare a momenti comuni del passato, quasi inevitabilmente il discorso si porta sulla situazione attuale di ciascuno: Tu come vivi? Tu che problemi hai? Tu che cosa pensi della religione, di Dio?
Uno osserva: "A me la fede dice molto, mi dà serenità; da quando ho ripreso a pregare la mia sicurezza è legata a questo". E fa vedere la corona del rosario che ha nel portafoglio. Un altro, con un tono che non vuole essere una presa in giro, mostra le carte di credito che ha con sé: "Io invece mi fido di queste".
E nasce un confronto interessante. Il primo ricorda un avvenimento che ha segnato la sua vita: in un incedente ha perso la figlia quando era ancora ragazzetta. Disperazione e ribellione sono state le reazioni immediate. Poi si è detto: "Il paradiso è come il giardino stupendo del Signore, pieno dei fiori più belli. Al di qua della cinta c’è polvere, c’è fango, ci sono i sassi. Il Signore ha visto che la mia bambina aveva una grande voglia di giocare e l’ha portata nel suo giardino. Un giorno la ritroverò piena di gioia".

La fede non fa sparire il dolore dalla vita, non è garanzia di successo e neppure è un tranquillante che ti permette di riposare nonostante i problemi seri che hai. La fede porta a dire: Mi fido di Dio che mi vuol bene come nessun altro al mondo; mi fido di Dio che è capace di guarire gli occhi di un cieco dalla nascita mettendoci sopra la cosa meno indicata, un po’ di fango.
Abbiamo letto nel Vangelo quello che Gesù ha compiuto in quel sabato: "Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va’ a lavarti alla piscina di Siloe”".
Il modo di agire di Gesù è strano; sembrerebbe una presa in giro, un voler scherzare sulla disgrazia degli altri. Non sarebbe stato più semplice fare in modo che non nascesse cieco?
Di fronte ad una disgrazia, come è quella di un uomo che non può vedere, ci sono modi diversi di reagire. C’è chi interviene facendo la carità.
In alcune situazioni l’unica maniera che abbiamo per vivere la solidarietà con chi soffre è un gesto di carità. Non è tutto, ma è già qualcosa, è un modo per condividere: Il tuo problema tocca anche me.

C'è poi chi discute alla ricerca di eventuali responsabilità. "Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?", domandano gli apostoli. È importante andare alla radice del male, ma c’è il rischio di farlo per sentirci liberi dal dovere di intervenire: Se ho individuato il responsabile, io sono a posto. C’è anche chi accetta il tutto con rassegnazione. Si muovono in questa linea i genitori di questo cieco dalla nascita. Essi vogliono rimanere il più possibile estranei a tutta la discussione: lasciateci in pace; di fastidi ne abbiamo già dovuti affrontare molti; non vogliamo ora essere giudicati e messi al margine per quello che pensiamo o che non pensiamo.
In fine c’è l’atteggiamento di Gesù , quando dice agli apostoli: "È così perché si manifestassero le opere di Dio". Dio agisce sempre per il nostro bene, anche quando tutto sembra presentarcelo come lontano, come indifferente nei confronti di ciò che viviamo. Se Gesù è morto in croce per me, significa che Dio mi ama sul serio; allora del suo amore mi fido, anche se adesso ho l’impressione di camminare al buio.
Questa luce ci viene donata quando lasciamo un po’ di spazio al Signore quando, ad esempio, presentiamo a lui la nostra vita nel sacramento della confessione. Nel momento in cui non abbiamo paura di chiedere il suo perdono per alcuni nostri comportamenti meno opportuni, comprendiamo di più che egli ci ama davvero; allora ricuperiamo la serenità.
Nel sacramento della Confessione, quando è vissuto con sincerità, ci incontriamo con il Signore che è la luce della nostra vita. È come se in quel momento a ciascuno di noi fossero rivolte le parole che Gesù ha detto al cieco una volta guarito: "Colui che si è preso a cuore la tua vita, tu lo hai visto: colui che parla con te è proprio lui!". La fede ci porta a rispondere: Mi fido, o Signore!


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