Affronto ora qualche argomento che l'ha scandalizzata.
1) I fioretti cappuccini: "La storia è narrata come qualcosa da relegare in un passato assai remoto, ridotta a campionario di stranezze sulle penitenze dei novizi, e corredata da disegni che sembrano quasi irridere cose che, comunque, non mi sentirei di commentare".
Di questo mio glorioso Ordine, la rivista ha molto parlato in questi anni; ne ha raccontato la storia, ha presentato le figure più caratteristiche. Dalla viva voce di un frate anziano ha raccolto usanze e consuetudini degli antichi cappuccini: pubblicati in un inserto, "I cappuccini erano così", si esaurì nel giro di poco tempo. Questi dei "fioretti" non sono barzellette inventate da un autore del '600 e ripresentate dal nostro professor Di Ciaccia per far ridere la gente. Sia pure con il genere letterario dei "fioretti" (quello di suscitare un'ammirazione e offrire un insegnamento, più che presentare un fatto storico), l'autore racconta a modo suo quello che facevano, vivevano, accadeva attorno a questi personaggi barbuti che dovevano apparire davvero "strani" anche alla gente del tempo. Io stesso, come novizio cappuccino, facevo quelle "stranezze" che sono raccontate.
Nessuna presa in giro dunque di questa santa gente...
2) S. Francesco e Jacopa: "... un incredibile quanto inverosimile San Francesco, interpretato e attualizzato da un frate che implora con occhi languidi una dama avvenente, sontuosamente vestita, tra caldi drappeggi che non sembrano rimandare propriamente alle Fonti Francescane.
Ben diverso è quanto in esse si legge dellamicizia e dellincontro tra San Francesco e Jacopa dei Settesoli...".
Vediamo cosa allora dice il primo biografo del Santo, il Celano: "Pochi giorni prima di morire desiderò mandare una lettera a Roma per donna Jacopa, affinché se voleva vedere ritornare alla patria lui che così ardentemente aveva amato in questo esilio accorresse, in tutta fretta" (3 Cel. 37).