Fioretti cappuccini

Il buon occhio di Dio

di Francesco Di Ciaccia
parte seconda

Il pover’uomo non si capacitava. Va bene, che i maschi peccano più delle femmine: ma possibile che Dio non dava ai neonati la possibilità di tentare? Non capiva più niente! Perché? Perché non sapeva che Dio puniva lui! Fatto sta che a un certo momento incominciò a sostenere l’insediamento dei cappuccini a San Martino. E che avvenne? Il Signore mutò in grazia il castigo - letteralmente, le cronache -: gli fece venire quattro figli maschi - non tutto d’un colpo -, con gran consolazione del dottore, che era ricco.
A Terni, quando i frati chiesero di costruire il convento a San Martino - prima dell’avvenimento sopra descritto -, c’era un altro gentiluomo che si dichiarò pubblicamente contrario al progetto. All’epoca, un convento di mendicanti comportava una partecipazione, sia pure volontaria, da parte della società civile al mantenimento dei religiosi. Quel signore obiettava: “Non possiamo addossarci altri oneri. In città ci sono già altri frati mendicanti!”. Qualcuno gli fece osservare: “Il contributo è libero. Se tu non vuoi dare la tua parte di elemosina, non la dare. Chi ti obbliga?”.

In realtà, la discrezionalità individuale era teorica: chi si sentiva di distinguersi dagli altri, rifiutando il proprio contributo? A quei tempi, nessuno: soprattutto se era possidente. Infatti quel signore replicò, con estrema vergogna - dicono le cronache -: “Come posso nonfare l’elemosina? Io sono benestante”. Si sentì tuttavia talmente male per la brutta figura, che gli venne la febbre. Per due giorni la febbre non lo lasciò: Allora si rivolse a san Francesco: “Misericordia! Ho peccato, ma tu perdonami”. Appena si umiliò davanti a san Francesco - assicurano le cronache -la febbre lo lasciò: ed egli divenne un generoso benefattore del convento. Da qui sorse il proverbio: “Se vuoi che la febbre ti lasci, tu lascia un’elemosina ai frati”.
Quando tutto sembrava risolto grazie al buon occhio di Dio, un altro intoppo. Tre anni dopo. Un dottore, a nome di una certa famiglia - di cui le cronache deliberatamente omettono il nome -, andò dal vescovo di Terni per dissuaderlo dal concedere l’autorizzazione per il convento. Il dottore fu così convincente che riuscì a persuaderlo. Quasi per un anno, i frati non furono in grado di ottenere il permesso. Eppure, il vescovo aveva già promesso alla gente e ai frati stessi che avrebbe dato il permesso.

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