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Vita On The Road
Da piccolo aveva visto un vagabondo andare da sua madre e chiederle un pezzo di torta, e lei glielo aveva dato, e quando il vagabondo si era allontanato giù per la strada il bambino aveva detto: "Ma, che fa quelluomo?". "È un vagabondo!". "Ma, anchio voglio diventare vagabondo, un giorno"... Ma lui non dimenticò mai quel giorno, e quando crebbe diventò davvero un vagabondo.
Così Jack Kerouac, profeta beat della vita on the road, racconta con semplicità la nascita di una vocazione al viaggio fin dallinfanzia.
La spinta a seguire i propri geni in tal senso è di solito inibita alla base da un modello socio-culturale che impone ai bambini scelte univoche di stabilità: dallasilo alle elementari, dai licei alluniversità, ai giovani vengono riservate situazioni stanziali, rinviando ai brevi periodi delle vacanze estive gli spazi per la fantasia, il viaggio e il movimento.
Ne consegue una notevole perdita in termini culturali e di crescita individuale, facilmente dimostrabili con lesempio del pleinair: i bambini camperisti, abituati a spostarsi tutto lanno nei luoghi più diversi, si rilevano normalmente più aperti e maturi della media dei loro coetanei.
Per svincolarsi dalla cultura stanziale, condizionata dalla conservazione e dallaccumulo di beni al sole, occorrono abitacoli mobili a tempo pieno, come oggi nel costume e negli usi di milioni di americani.
I veicoli ricreazionali, dunque, non vanno visti solo nellottica dello sviluppo turistico, ma come prezioso strumento per la soluzione di molti problemi esistenziali, in particolare tutti quelli derivanti dalle speculazioni territoriali e dai conflitti di proprietà. E a questi fini non valgono solo camper o motorhome, ma anche imbarcazioni marine, battelli fluviali, caravan di giostrai e circensi.
Vale cioè la consapevole accettazione duna qualche alternativa nomade. |
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