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Fino al diciottesimo secolo i bambini e gli adulti giocavano agli stessi giochi e molto spesso giocavano insieme. Attualmente invece i giochi dei bambini sono molto differenziati da quelli degli adulti e soprattutto sono giochi a cui gli adulti generalmente non partecipano. Ciò è dovuto alla sempre più crescente difficoltà dei genitori di trovare il tempo per stare con i propri figli.
Le possibilità dincontro e di dialogo educativo, e quindi anche di gioco, con i bambini si stanno riducendo in modo preoccupante. Eppure la partecipazione dei genitori al gioco infantile, spe-cialmente nei primi anni di vita, è una componente rilevante sul piano dello sviluppo psichico. Offre al bambino la possibilità di trasformare e bonificare le sue emozioni non sempre positive e rassicuranti e trasmette il metodo per imparare a gestirle in proprio. Lo avvia inoltre al sentimento di esistere, di essere riconosciuto e accettato per quello che è, e quindi al senso di fiducia in se stesso e negli altri. Giocare con il proprio figlio non deve quindi essere considerato un dovere o peggio ancora una perdita di tempo, ma un modo per aiutarlo a misurare e a sviluppare le sue risorse, le sue potenzialità e a sentirsi rassicurato nel maneggiare il mondo dei simboli. Manifestare simpatia nei con-fronti del gioco, che il bambino sta svolgendo, è dunque un atteggiamento estremamente positivo ai fini della sua crescita. Del resto, il bambino reagisce con entusiasmo alla disponibilità del genitore a giocare con lui. Lo scoprire che accetta di coinvolgersi in unattività, da lui considerata seria e impegnativa, motivo di grande felicità e rafforza il suo senso di sicurezza. "Nulla procura maggior piacere al bambino, scrive Freud, che il vedere ladulto, condiscendente, rinunciare alla sua superiorità oppressiva per partecipare ai suoi giochi come un compagno". È, questo, per lui un modo per verificare che è importante agli occhi del genitore e che su di lui può contare. Lo aiuta a percepire che i suoi sforzi espressivi, concretizzati nel gioco, sono apprezzati. Anzi, lo pone in grado di comunicare quanto non riesce ad esprimere con la parola. Il bambino è felice se vede che il proprio genitore sinteressa e si adegua al suo gioco. Ciò però non significa che desideri un genitore che scimmiotti il suo mondo, ma che sappia giocare con lui senza abdicare al suo ruolo di adulto. La partecipazione del genitore deve inoltre essere senza riserve o sotterfugi. Se, ad esempio, si sta facendo un gioco di finzione, occorre che stia lealmente ai ruoli richiesti dal bambino. Questi si rende facilmente conto se il genitore, quando gioca con lui, è veramente partecipe o no. Allo stesso modo, il gioco cessa di essere una fonte di piacere se il bambino si accorge che ladulto lo lascia libero di fare quel che vuole, pur di non essere importunato. Talvolta, ad esempio, certi inviti ad andare a giocare nella propria camera hanno per il bambino più il sapore di un rifiuto che di un incoraggiamento a divertirsi. |
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