Chi gioca è uomo
Servizio speciale
Nella foto: i giochi di bambini e ragazzi del secolo scorso.
parte seconda

 

Esso si pone come la faccia opposta della necessità. È la vacanza dai limiti imposti dalla realtà. È il tentativo di sospendere, almeno in parte, le richieste dell’ambiente, cercando una relativa libertà.
Un gioco comandato cessa di essere tale. Si gioca per libera scelta.
Ma non solo. Con il gioco si vive la libertà. L’uomo, sottraendosi mo-mentaneamente al peso del passato, ha la possibilità di anticipare il futuro e di sperimentare una forma di vita rinnovata.
È, questo, il terzo indicatore significativo del benessere psichico. Coloro infatti che sono anche capaci di giocare hanno una vita più gratificante e soddisfacente.
Il gioco infine non va inteso necessariamente come il contrario della serietà. Secondo Huizinga (1939), esso può includere benissimo la serietà. Anzi, possiamo tranquillamente dire che nel gioco, non escluso quello dei bambini, s’insinua la serietà. Questi infatti, quando giocano, mettono tutto il loro impegno perché avvertono di essere sotto la spada di Damocle dell’insuccesso o della sconfitta.
Il gioco è sì piacere, godimento, ma è anche un’attività seria attraverso cui il bambino conosce e afferma il suo Io. "Avremmo torto, ci ricorda Freud, se pensassimo che il bambino non prenda sul serio un tale mondo; egli prende anzi molto sul serio il suo gioco". A sua volta, Chateau scrive che "il gioco, non lo ripeteremo mai abbastanza, è una cosa seria e, anzi, per il bambino è la cosa più seria".
Possiamo quindi concludere che un individuo maturo deve essere capace di divertirsi anche nei momenti più seri e, allo stesso tempo, durante il gioco, non deve dimenticarsi la serietà: "L’uomo che gioca, scrive Raliner è l’essere “serioallegro”. [...] Da una parte, egli è ilare nella sua libertà spirituale [...] dall’altra, è un essere tragico. [...] L’uomo che si caratterizzasse solo per il primo aspetto meriterebbe di essere chiamato un buffone sconfitto, mentre se possedesse solo il secondo non sarebbe altro che un disperato. La sintesi è invece rappresentata dall’homo ludens, il serioallegro. [...] L’uomo giocatore è dunque prima di tutto un individuo caratterizzato da una serietà allegra".


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