Il gioco è unesperienza universale. Non conosce barriere geografiche né temporali. Riguarda le culture di ogni epoca. È inoltre unesperienza totale. Coinvolge lindividuo nella sua triplice dimensione bio-psico-sociale e non si limita alletà infantile. Pur modificandosi per intensità e durata, affiora lungo tutte le età della vita.
Ma il gioco è soprattutto unesperienza vitale. Garantisce la qualità della vita. Schiller scrive che luomo è pienamente tale, solo quando gioca: "Luomo gioca solo quando egli è uomo nel pieno significato della parola, ed è interamente uomo solo quando gioca".
In ultima analisi, esso rappresenta un notevole strumento per la formazione delluomo, soprattutto durante linfanzia e ladolescenza. In particolare, riveste un ruolo incisivo nello sviluppo dellindividuo sul piano affettivo, cognitivo e relazionale.
Il gioco insomma è una delle componenti che concorre in modo significativo alla sua salute sia fisica che psichica. Tutto ciò spiega il bisogno pressante che luomo avverte di giocare. Non giocare, impoverisce.
Platone ritiene addirittura che per seguire al meglio la potenza creatrice della divinità la cosa più giusta sia quella di giocare.
Il gioco tuttavia non può essere considerato semplicemente uno svago, un passatempo che rende felici. Per i suoi aspetti affettivi, cognitivi, simbolici, socializzanti, comunicativi, creativi, trasgressivi e, allo stesso tempo, per il fatto che accetti le regole di comportamento, è una delle attività fondamentali dellumanità. Esso permette di unificare età, luoghi, culture, classi sociali e posizioni politiche differenti.
Lattività ludica, inoltre, evoca unesperienza di libertà. Non cè gioco se non è libero, spontaneo, gratuito, che lascia un certo margine alla trasformazione della realtà.
Il gioco perciò non è qualcosa che si aggiunge dallesterno in modo arbitrario. Anche quando esso comporta losservanza di regole, queste sono stabilite o accettate liberamente. Non cade mai sotto il peso di un obbligo, di un compito, di un dovere.