MISSIONI E POPOLI

Brasile

Caro Dio

testo e foto di Alberto Marinetti
parte seconda

Nel dormiveglia mi chiedo: perché hai inventato i poveri? Il povero è la tua sfida alla storia? Lo sai: per noi è impossibile amare ciò che non vediamo. Deve essere nel povero che ci aspetti al varco per saggiare il nostro cuore. Per vedere se sappiamo andare oltre i nostri dubbi, interrogativi, giustificazioni: "Sarà un ladro o un assassino quello che mi stende la mano, quello che bussa alla porta?
Comunque è sporco, puzzolente, impresentabile, petulante, indiscreto, arrogante, incontentabile, irriconoscente, ripugnante". Il Signor Chico, per esempio, esiste perché occupa uno spazio fisico, ma non pensa nulla sulle scelte politiche.
Cittadino per modo di dire, vota quello che i potenti gli impongono di votare. È libero, chiaro, di accettare o no un paio di ciabatte, una visita medica, una sporta di viveri! Piccole grazie elargite dai santi politici ...
Lavorando insieme nei campi, ce n'è voluta per fargli ammettere che lui sa tante cose che io non so: l’epoca della semina, l’umore delle stagioni, fare cesti, tirar su cinque figli. Non è indolente; abbiamo raccolto 15 sacchi di fagioli. Come ne andava fiero! La mattina si alza senza spingere: siede davanti casa.
Come a dire: "Perché forzare la storia dal momento che non ho mai avuto niente dalla vita? Né io, né mio padre, né mio nonno". Soggetti come lui non sceglieranno mai niente, perché il piatto di riso e fagioli ha già scelto per loro.
Senza un appoggio non riusciranno mai a stare a galla. Sono nati senza unghie, incapaci di farsi valere. Se si applica su larga scala, nelle condizioni di Chico ci sono interi gruppi umani: razze, popoli, culture.
Le culture indigene non considerano l’accumulo dei beni, lo sfruttamento, la competizione come dei valori, bensì come malattie sociali. Il loro sistema di vita era possibile nell’era pre-industriale.
La storia li ha trovati impreparati, inermi, incapaci di difendersi dagli attacchi dell'economia di mercato e della civiltà della Coca-Cola.Ti dirò in confidenza che i tuoi poveri m’hanno deluso.
Avevo creduto che la loro pasta umana fosse la più adatta per fare l’esperienza della fraternità sociale (condivisione dei beni, dei mezzi di produzione - almeno in parte). Non avendo nulla da perdere, non sarebbe più facile coltivare insieme il sogno d’una umanità fraterna? Sono entrato nel loro laboratorio in punta di piedi.
Come sul Sinai. Ho contemplato in loro alcune tracce del tuo volto: semplicità, ospitalità, generosità, condivisione. Mi sono buttato per appoggiare qualsiasi spunto di solidarietà, che rispondesse ad un loro bisogno concreto: cassa comune per le emergenze (malattie, imprevisti), piantagioni comunitarie, allevamenti in comune, rivendicazione dei loro diritti, organizzazione sindacale.
Momenti magici fino a quando a decidere è la situazione di bisogno, l’emergenza. Quando conquistano qualche cosa (un pezzo di terra o di dignità, l’autonomia economica), cominciano a farsi la guerra a vicenda.
È il normale processo d’ogni crescita in umanità: passare attraverso il bisogno, liberarsene per sbarcare sulla terraferma della libertà.

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