La storia e l'arte
L'interno della chiesa

LA "SISTINA" DI MILANO

di Ferdinando Zanzottera
Parte ottava

Nella seconda metà del XVII secolo Tommaso Orsolino pose mano alla pavimentazione interna della chiesa. Egli realizzò con intarsi marmorei il “pavimento del Sancta Sanctorum della Chiesa, per i scali in terra dell’altare maggiore e per il pavimento del coro dei monaci”, utilizzando anche lastre di marmo di Candoglia, la cava ad uso esclusivo del Duomo di Milano. Al 16 febbraio del 1673 risale il progetto di ampliare la parte rustica del monastero, che si estendeva sul lato settentrionale. Nella seconda metà del XVIII secolo il canonico Biagio Bellotti eseguì le decorazioni ad affresco della cappella dell’Annunciazione e del Santo Rosario.
In quegli anni nulla faceva presagire ai certosini il timore di essere cacciati dal loro monastero che abitavano da quasi 450 anni.
Ma il 16 ottobre del 1782 la Certosa di Milano fu formalmente soppressa e iniziò una lunga decadenza architettonica e spirituale.
Tutti i beni monastici vennero alienati ed i certosini vennero cacciati con brutalità. Le celle del Grande Chiostro vennero trasformate in deposito per la polvere da sparo del Castello Sforzesco.
Il monastero fu smembrato in tre parti e solo la chiesa e la casa parrocchiale furono cedute all’autorità ecclesiastica affinché le trasformassero in parrocchia. Incominciò un periodo di grande decadenza e di distruzione, al quale contribuì anche l’atteggiamento vandalico delle truppe austriache e napoleoniche. Tutte le celle dei monaci, poco idonee ad essere utilizzate come deposito della “polvere nera”, subirono radicali ristrutturazioni e rifacimenti .
In ogni cella furono rifatti i serramenti ed i pavimenti, e ogni singolo oggetto di metallo fu rimosso. Persino i chiodi della nuova pavimentazione furono costruiti in legno, affinché non attirassero i fulmini e non provocassero scintille per un eventuale strofinio.
Per la progettazione e la direzione dei lavori fu chiamato il conte ed ingegner Franci, che usò manodopera qualificata. I materiali dovevano corrispondere a particolari caratteristiche tecniche e ciò comportò un aumento della spesa prevista. Fu allora che al conte Franci venne in mente di distruggere cinque celle dei monaci per ricavarne materiali da rivendere. Fu scelto per questo scopo il lato settentrionale del Grande Chiostro che, a causa dell’umidità, non era idoneo ad essere trasformato in deposito per la polvere da sparo.
Nel 1784 fu sancita la demolizione delle casette dei monaci che fruttarono al Governo austriaco la “colossale” cifra di 3000 lire.
Mentre l’intero complesso monastico fu occupato dall’esercito militare e parte degli edifici vennero venduti a privati, la chiesa venne affidata al clero secolare: la notte di Natale del 1783 divenne parrocchia. Il XIX secolo non fu caratterizzato da particolari avvenimenti e i parroci cercarono di conservare nel miglior modo possibile l’antica struttura monastica.
Durante il secolo successivo la Certosa di Milano fu oggetto di alterne vicende caratterizzate dai grandi restauri degli anni ’30 e dai danni dei bombardamenti del 1943.
Nel dopoguerra, il borgo contadino, nel quale era anticamente inserita la Certosa, subì un radicale mutamento sociale ed urbanistico, trasformandosi in zona di aggregazione per piccole industrie. In questa rinnovata situazione si inserirono nel 1960 i Frati Minori Cappuccini, che da allora si sono fatti carico della cura pastorale dei parrocchiani e della sistemazione e della valorizzazione artistica di questo monumento nazionale.
Oggi, grazie anche al finanziamento giubilare, la Certosa di Milano è tornata al suo antico splendore e potrà guardare ai secoli futuri con serenità e orgoglio.

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