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Pepe e sale |
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I politici italiani mostrano da sempre una certa vocazione alla botanica e, ultimamente, alla zootecnia. Cominciarono i democristiani (che una vecchia signora di mia conoscenza chiamava argutamente i demonicristiani) che per darsi una certa parvenza di immacolata verginità scelsero decenni fa il biancofiore, simbolo d'amore. Con le falde intestine e la frammentazione in mille correnti, si sa come quell'amore andò a finire. Continuarono i repubblicani, che scelsero l'edera: avvinti come l'edera ai democristiani e al potere. Poi Pannella elesse la rosa ad emblema delle molteplici lotte radicali costellate dalle spine del divorzio, dell'aborto e della droga. Fu poi la volta del garofano, scelto dai socialisti di Bettino Craxi per profumare il tanfo dell'imminente Tangentopoli e per distinguersi dal massimalismo dei comunisti ortodossi. Questo nella prima repubblica. Nella seconda c'è stata una propensione per le piante secolari che hanno affiancato i fiori del male. Ed ecco la quercia, con cui i comunisti si sono rifatti il belletto, abiurando la fatica della falce e la violenza del martello. Poi è stata la volta dell'ulivo, sotto le cui nobili fronde Romano Prodi ha raccattato qua e là un po' di tutto: rimasugli di politici pentiti, scorie di notabili delusi, resti di trombati mai domi. In questi giorni - e se ne sentiva la mancanza - si ode parlare di una nuova alleanza politica fra tre amici e gentili signore: pare prenderà il nome di trifoglio. In Inghilterra quando tre amici si incontrano vanno al pub, in Italia fondano un partito. Ma nella vecchia fattoria di Montecitorio e Palazzo Madama non mancano i quadrupedi. Sono recenti le aggregazioni politiche dell'Asinello e dell'Elefante. Ragli e barriti sono per fortuna una minoranza. Ai leoni nessuno ha pensato: mancherebbero i domatori e ci sarebbe qualche problema ad installare le gabbie in Parlamento. Biancofiore, edera, rose, garofani, querce, ulivi, trifogli nell'orto botanico della politica italiana mutano e si evolvono i simboli ma tutto è infestato da una malapianta che domina incontrastata: quella gramigna che corrode dalle radici la democrazia: la partitocrazia. |
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