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La posta in gioco a Nazareth |
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Per capire la posta in palio in quello che è stato definito il "braccio di ferro" tra la comunità cristiana e la comunità musulmana a Nazareth, bisogna conoscere - sia pure per sommi capi - le vicende storiche di quella piccola città della Palestina così cara al cuore dei credenti. Nazareth, la città dove nacque Maria, dove Ella ricevette l'annuncio dell'Angelo e dove Gesù visse per trentanni, è una piccola città circondata da grandi spazi verdi. I maomettani avrebbero potuto scegliere, a piacere, un posto qualsiasi dove costruire la loro moschea, foss'anche la moschea più grande del mondo. Il volerla proprio di fronte alla Basilica di Maria Santissima assume il significato persino sguaiato della provocazione.
Ha poco da ammonire, il Muftì di Gerusalemme Ikrama Sabri: "La serrata delle chiese non aiuta a riportare la calma a Nazareth". Il suo è un ragionamento arrogante. E lui che non aiuta a ripor-tare la calma. Giovanni Paolo II ha espresso l'inten-zione di recarsi in visita a Nazareth il 25 marzo prossimo, giorno dell'Annunciazione. Tutti i cattolici sono al suo fianco e si augurano che Egli possa e voglia portare a termine tale progetto. Lo Stato di Israele, la cui polizia, il cui esercito e la cui magistratura sono sovrani a Nazareth, come in tutto il resto del Paese, ha offerto a Sua Santità ogni garanzia di sicurezza, ma, fino ad oggi, non ha fatto la cosa più importante: vietare la licenza edilizia alla moschea in quel punto dove i maomettani la vogliono costruire. Si è limitato a rinviare il rilascio della licenza al 2001, cioè trascorso il Giubileo. |
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