Lutero a Milano

testo di Jenny Vestri Boncori

foto Calloni

La chiesa protestante a Milano riunisce luterani e riformati; una piccola comunità bilingue che vive la propria fede e si interroga sul rapporto con la chiesa cattolica e le sue tradizioni.

Le immagini ci sono arrivate attraverso i film di Bergman, il regista svedese, che ha saputo raccontare, servendosi di silenzi e di sguardi, la ricerca di Dio, la solitudine, la crisi d'identità, l'alienazione religiosa. Ingmar Bergman ha raccontato molte volte la sua vita: il padre pastore luterano, i primi dilemmi religiosi, le suggestioni che gli provocavano gli affreschi sulle austere pareti delle chiese campestri della Dalecarlia. Certo, le immagini di quei film erano grevi, così come era greve il senso di religiosità che ogni sofferto ritratto emanava, ogni pausa, ogni paesaggio. Ma egli riuscì a sedurre soprattutto quei giovani che, nati e cresciuti superficialmente cattolici, diventati superficialmente atei o marxisti, si sbalordivano per la disinvoltura con cui, per esempio, i giovani del Posto delle Fragole discutevano su Dio.

Visito la Chiesa Protestante di Milano e cerco tra le pareti spoglie qualcuna di quelle vecchie suggestioni, qualcosa che mi tiri via dalla testa, almeno per un momento, le immagini caotiche del presente, del traffico, dei rumori, della pubblicità assordante e ossessiva. Mi lascio guidare dal vicedecano Norbert Denecke che descrive la struttura architettonica, i pochi simboli religiosi. Ma quando arriva a parlare dell'organo non riesce a nascondere l'orgoglio. D'altra parte, la base del culto luterano, oltre al sermone che ha un posto centrale, è il canto degli inni, campo in cui il luteranesimo ci ha dato dei veri e propri capolavori.


Sommario