Laura e la storia

di Monica Vanin
parte terza

"Quello che è grave - le dico, mentre metto in ordine l'ennesima risma di carte su uno scaffale - è che siamo in un mondo tanto avanzato. La tecnologia, i computer... Queste cose che sono la "specialità" del nostro secolo... Pensare che la tecnologia che fa funzionare le industrie è servita per realizzare posti come quel famoso Auschwitz, lo strano nome che vedi scritto su quel libro: una specie di industria dello sterminio, piena di operai e impiegati che davano ordinatamente la morte ad altre persone; che "producevano" cenere di uomini donne e bambini, anziché, per dire, scatolette di tonno! Nessuno è mai arrivato a questo punto. Non solo non ci devono essere guerre fra tribù o popoli: ma non dovrà mai più esserci una cosa così cattiva, diabolica, che trasforma così profondamente le persone e le cose... Laura sgrana i grandi occhi verdi-castani e fa cenno di sì. Mentre ero impegnata a impilare le mie scartoffie, è corsa nella sua stanza, a prendere il peluche preferito, per cercare consolazione. D'accordo essere coraggiosi, ma un po' di rassicurazione, un piccolo talismano, ci vuole.

Non voglio infierire oltre, e le risparmio l'ultima raffica di pensieri gravi di questo pomeriggio: ad esempio, che l'industria della morte, oggi, preferisce forme meno eclatanti: non la "soluzione finale", ma milioni di mine antiuomo, prodotte nel nostro mondo benestante, innanzitutto nella generosa e solidale Italia. E tutto questo, in mezzo a un mare di indifferenza odi rifiuto verso miliardi di reietti, che non possono scegliere una virgola del proprio destino, e mentre la forbice "ricchi/poveri" si allarga, minacciando di recidere per sempre, con violenza, l'aspirazione a una vita degna per il genere umano. Certo, ce n'è abbastanza per appannare questa luce, questo dono di febbraio. Ma Laura, nel frattempo, ha raggiunto il fratello in giardino. Tutti e due hanno smesso la piega malinconica davanti al loro piccolo capolavoro afflosciato nella guazza, e segnano a dito, ridendo, il saltabeccare dei pettirossi tra i rami goccianti del rosaio. Dovrò prendere sul serio la lezione dei miei maestri-bambini, e non lasciarmi spegnere dentro, né ora né mai, il piccolo lume della speranza?


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