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L'amor di cortesiaLancillotto e la bella Ginevra |
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foto di Damiano Moran |
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Il romanzo a cui si riferisce Dante nel canto V dell'Inferno è Lancillotto o il Cavaliere della carretta. Le opere intitolate a questo cavaliere di re Artù sono molte, ma la più importante è quella di Chrétien de Troyes, redatta intorno al 1176-77. Una sua versione, L'illustre e famosa storia di Lancillotto del Lago che fu al tempo di re Artù, fu diffusa in Italia agli inizi del Trecento. La leggenda sottolinea la forza possente, nel quadro della cultura di corte, dell'amore: l'amore chiama l'uomo alle più audaci imprese. Il testo esalta la dedizione cavalleresca di Lancillotto per la "sua" Ginevra, moglie di re Artù: per Ginevra, simbolo della donna perfetta secondo i canoni cortesi, il cavaliere affronta ogni pericolo. Nonostante l'impianto eroico di generosità e di dedizione, la trama del romanzo offriva forti stimoli alla trasgressione erotica: per tal motivo Dante espresse la propria perplessità circa questa corrente letteraria.
Qui vengono accostati i momenti salienti del Lancillotto alle parole di Dante che porta in causa il romanzo a proposito di Paolo e Francesca di cui abbiamo parlato su CAMMINO di dicembre. Quando Dante denunciò "galeotto" il libro che aveva condotto Paolo e Francesca al bacio appassionato, si rendeva conto che in quel ciclo bretone della letteratura ispirata a re Artù l'amore era molto realistico e ben poco proiettato su una dimensione spirituale. In Tristano e Isotta, la purezza dell'amore era garantita da una sorta di predestinazione che votava alla morte gli innamorati e li santificava nel dolore. Lancillotto invece, già nel nome, ha altro carattere e altra storia. Egli è il cavaliere che mette la sua spada a servizio della sua "signora" e il cui amore per lei, in tutti i campi, è intessuto di dedizione nel rischio della vita e di squisita venerazione. Amor cortese significa amore per la signora di corte, caratterizzato da sentimenti di nobile contegno e di devoto omaggio, tuttavia Chrétien de Troyes aveva inteso cantare senza intenti moralistici le avventure cavalleresche, tanto più godibili se libere dalla noia quotidiana. |
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