Per essere come gli altri

di Jenny Vestri Boncori
Per un bambino handicappato la vita è irta di ostacoli e difficoltà ma oggi, grazie al progresso scientifico e a nuovi metodi d'insegnamento, é possibile fare molto affinché anche lui conquisti una maggior indipendenza e abbia un' esistenza migliore

Fino a qualche decennio fa erano i medici e le assistenti sociali i primi a dire: "Signora, lo metta in un istituto e se lo dimentichi. Suo figlio non potrà mai avere una vita normale". Poi venivano i parenti e i conoscenti, una processione incessante di persone, consigli, tutti orientati per l'allontanamento dalla società di un individuo che non avrebbe mai avuto un'esistenza come i cosiddetti normali hanno. Le comuni possibilità, come quella di avere una famiglia propria, un lavoro, una rete di amicizie, di godere dell'amore e delle sofferenze che la vita dispensa, sembravano negate ad un handicappato. Si prevedeva un futuro di dipendenza completa, cioè vegetale. Meglio un istituto dove avrebbe potuto vivere accanto a persone come lui e dove non avrebbe sentito la sua "diversità".

Per la madre che ha appena messo al mondo un bambino handicappato il colpo è terribile. Qualunque sia l'handicap, l'idea che il bambino non sarà come tutti gli altri dà un immediato senso d'angoscia, dovuto al sentimento d'impotenza per un problema che appare enorme. La realtà è cambiata, il progresso scientifico è avanzato, le strutture di assistenza sono cresciute, la scuola ha cominciato già da tempo a parlare di inserimento dell'handicappato con il supporto delle maestre di sostegno e, pur non volendo illudere nessuno dicendo che un bambino svantaggiato potrà avere una vita come tutti gli altri (soprattutto perché molti pregiudizi tardano a morire), possiamo con tranquillità affermare che si può fare molto per rendere vivibile e accettabile l'esistenza di un bambino nato con un handicap.


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