Le molestie diaboliche: che paura!

di Francesco Di Ciaccia
parte terza

Il guardiano, tal padre Valentino, gli domandò: "Che cosa c'è, che siete così stravolto e conturbato?". L'altro gli espose ciò che aveva appreso dal contadino: tre frati, mentre andavano alla questua, affogati in un torrente, travolti da un'improvvisa piena. E gli disse il nome dei tre frati. Tra l'altro, uno di loro ci vedeva poco: proprio costui era scivolato giù nell'acqua; gli altri, cercando di trattenerlo con le braccia, erano caduti ed erano stati sommersi dall'acqua. Brutta storia! Da far venire i brividi a tutti e due. Vincenzo partì subito per Gualdo. Appena giunto: "I frati ci son tutti?", chiese al guardiano. "Tutti", rispose. "Fateli venire". I frati giunsero. C'erano tutti! Poi chiese ai tre - quelli "morti" nel torrente - che cosa avessero fatto il tale giorno. Erano stati a questuare, avevano guadato un tor-rente, si erano aiutati a vicenda per attraversarlo ed erano passati sull'altra sponda.

Che sollievo! Erano vivi. E Vincenzo comprese che il contadino in realtà non era che il demonio, che aveva voluto fargli prendere un terribile spavento ("una bona stracca", dice la cronaca con idioma splendidamente popolare)! Matteo da Leonessa era in viaggio: per sentieri scoscesi in mezzo a monti. Non sapeva più orientarsi: era già sera. Per fortuna incontrò un uomo e gli chiese qualche indicazione. L'uomo lo indirizzò verso una parte: "Vada di là, padre reverendo. Arriva sulla strada principale". Il frate - c'era anche il suo compagno - camminò a non finire e si trovò in un posto selvaggio e molto "aspro. Che fare, ormai? C'era da fermarsi lì, e lì dormire! Per di più, non avevano da mangiare: solo due ostie che i frati portavano abitualmente, nel caso dovessero dir la messa -. Mangiarono le ostie. Ma chi era stato il mascalzone che li aveva inoltrati in quel postaccio? Al volo, lo capirono: il diavolo! Per fortuna il giorno dopo trovarono immediatamente - misteriosamente! - la strada giusta.

Altrimenti a quest'ora sarebbero ancora li. Alcune volte non erano demoni, ma semplici mortali ad affliggere i pove-ri cappuccini. Su questo filone gli episodi sono senza fine, dato che all'inizio i frati erano trattati male un po' da tutti. Ma un fatto è quasi romantico - asceticamente parlando -. Il cardinale Domenico De Cupis (morto nel 1553) assegnò l'abbazia di Collepepe presso Perugia, già dei benedettini, ai cappuccini. Il superiore generale inviò due frati per rimetterlo a posto. Arrivati a Deruta - l'attuale paese famoso per le ceramiche -, trovarono le guardie. I perugini erano in lotta con gruppi di fuoriusciti delle potenti famiglie degli Oddo e dei Baglioni. Pensando che quei due fossero spie nemiche, li fermarono e li arrestarono. Del resto - precisano le cronache - erano vestiti in un modo che non se ne vedeva proprio in giro! I frati cercarono inutilmente di spiegare chi fossero e a nulla valse mostrare le lettere obbedienziali - i frati si spostavano da un convento all'altro con un permesso scritto del superiore -.

I gendarmi non potevano davvero crederci! All'epoca, la tortura era abituale per ogni inquisizione anche poliziesca. Spogliarono i due frati, li misero alla corda - un genere di tortura -..., ma che videro? Uno dei due - il più anziano - aveva il cilicio sotto l'abito. Capirono che non potevano essere spie nemiche: le spie rischiano tutto, ma non si mettono il cilicio! E si scusarono: "Perdonateci. In questi posti si vive sul chi va là. Non ci si può fidare di gente sconosciuta". Il commissario (di polizia, diremmo oggi) li fece accompagnare da un drappello di soldati, perché i frati non rischiassero altre sorprese. E tutto finì dunque in gloria, con tante scuse da parte dei soldati: cosa che non facevano i diavoli.


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