Le molestie diaboliche: che paura!

di Francesco Di Ciaccia
Le istruzioni su come compilare i profili biografici dei frati indicavano le "molestie esterne e interne dei demoni". Quelle interne sono un "mare magnum: un oceano grande come il mondo.Quelle esterne sono più circostanziate: il demonio strappa gli abiti di dosso e il cibo dalla bocca, sveglia la notte, strapazza, percuote e imbratta il corpo, fa tremare i muri e fa schiamazzi: un vero... baccano dell'altro mondo. Ma può semplicemente apparire sotto mentite spoglie: magari nella figura di un brav'uomo. Per fortuna, mai di donna . Il demonio punisce, il demonio tenta, ma indirettamente, insegna sempre le buone maniere di vivere.

Le "tentazioni" interne sono una miniera inesauribile: se ne parla spesso. E se ne può parlare sempre: anche la "voglia" di mangiare è una insidia del diavolo. E lo è qualunque sensazione della "carne". Qui riferisco un solo episodio, un pò diverso dai consueti. Nel convento di Portaria un frate cadde ammalato. Capitava - e capita tuttora - dappertutto. Ma il fatto è che l'infermo desiderava bere, e il frate infermiere non aveva proprio voglia di portargli un bicchier d'acqua. Il perché, non si sa: le cronache non lo spiegano. L'ammalato dovette insistere: ma l'infermiere gli diceva: "Non c'è bisogno!", e non glielo portò. Poi il frate guari, per sua fortuna; ma caso volle che si ammalasse, dello stesso morbo, proprio l'infermiere. Costui, costretto a letto, ebbe bisogno anche lui di bere. Si trattava di una malattia che dava sete?

O forse era questione solo di febbre? Le cronache non specificano. Per ordine del superiore aveva in cura l'ammalato il frate - proprio lui - che non aveva avuto il bicchiere d'acqua, quand'era infermo, dall'infermiere. Sta di fatto che non portò l'acqua al frate infermo: "Non c'è bisogno. Si può fare a meno". L'infermiere capì come in passato fosse stato ingannato dal demonio. E da allora divenne davvero un infermiere modello. Più coloriti sono invece gli interventi "esterni" del diavolo. Un frate non andava a visitare i confratelli ammalati. Diceva: "Ci sono già tanti frati che possono assisterlo: non c'è bisogno che vada anch'io. Io ho da fare". Una volta egli si ammalò. Tutti i frati cercavano di fargli visita. Ma arrivati davanti alla porta della cella, erano respinti come da una forza irresistibile e invisibile.

Tentavano di farsi strada, ma erano catapultati indietro! Che sarà mai? Ci provarono un po’ tutti: non c era niente da fare! Allora, stupiti e parecchio spaventati, andarono a riferire la cosa al superiore. Il superiore forse se l'aspettava? Non si sa. Sta di fatto che rifletté un poco - sapeva della negligenza del frate ammalato? - e poi disse: "Andateci di nuovo, e andateci col merito dell'obbedienza". "Mirabil cosa!", commentano le cronache. I frati poterono entrare tranquillamente in cella. E l'infermo, resosi conto di quanto fosse stato insensibile, scoppiò in lacrime e disse ai confratelli: "Benedico Dio e voi, padri carissimi, perché ho capito, grazie a questo intervento del maligno, come è bello e doveroso andare a visitare gli ammalati".


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