Religione

Vangeli

di un prete di campagna

Una riflessione sui vangeli delle Messe, fatta da un prete che conosce bene i vizi e le virtù della sua gente.

TERZA DOMENICA DI PASQUA

7 maggio

Non ho ancora fatto Pasqua: sono in tempo?
Chi non è più giovincello avverte immediatamente il significato di una frase come questa. Ha imparato infatti che tra i precetti della Chiesa, ossia tra le richieste più importanti che la Chiesa mette accanto ai comandamenti della legge di Dio, c’è anche quello di confessarsi almeno una volta all’anno e comunicarsi almeno a Pasqua.
Alcuni secoli fa, quando l’ambiente esterno e la vita sociale portavano l’etichetta cristiana il parroco era obbligato a tenere nota di coloro che non facevano Pasqua, così come doveva segnalare chi fosse responsabile di comportamenti pubblici particolarmente gravi.
Oggi è più vivo il senso di rispetto per la libertà della coscienza che rimane responsabile delle proprie scelte davanti a Dio. Tuttavia è ancora vero che il vivere la Pasqua di Gesù non è la stessa cosa della pasqua che può essere proposta dall’Iperstanda o dal Giesse.

Avrete notato come la parola di Dio di questa domenica sottolinea in modo molto forte sia la concretezza di Gesù risorto sia la conseguenza del perdono dei peccati.
Il brano del Vangelo di Luca è chiarissimo nell’affermare che Gesù è veramente vivo, è vivo lui in persona, è lo stesso Gesù che ha subito la tortura della croce, è lo stesso Gesù che tante volte ha parlato e ha discusso con i suoi apostoli.
Non è un fantasma, un sogno, un ricordo, un desiderio che si custodisce nel cuore.
Proprio perché chi oggi è vivo, anzi possiede la pienezza della vita, è lo stesso Gesù che ha subito la morte per la cattiveria che c’è nel mondo, diventa possibile parlare di conversione e di perdono dei peccati.
Il comando che Gesù dà agli apostoli, e quindi a tutta la comunità cristiana, è preciso: di questo voi siete testimoni; siete testimoni che il crocifisso è risorto e che i peccati vengono perdonati, e una vita nuova viene donata a tutti.
Un esempio di come la comunità cristiana ha vissuto il comando di Gesù, lo troviamo nelle parole dell’apostolo Pietro che abbiamo ascoltato nella prima lettura.
"Voi avete sbagliato lasciando che Gesù venisse condannato alla morte di croce; vi siete comportati come chi rifiuta il progetto di Dio; avete preferito mettervi dalla parte del male, della cattiveria, dell’egoismo che porta a diventare assassini, piuttosto che accogliere la parola di Dio, sorgente di vita e di gioia.

Ma Dio è più grande del vostro peccato, e non si è comportato come una persona indispettita che mette il muso e giura vendetta. Ha infatti risuscitato Gesù e vi dona ora il perdono per i vostri peccati. Pentitevi dunque e cambiate vita".
La possibilità di sbagliare, di scegliere il male, fa parte dell’esperienza di tutti, come la malattia e la morte. Certo, se si guarda alla propria vita in un modo superficiale può essere facile concludere: io non faccio niente di male perché, tutto sommato, penso solo ai fatti miei e decido di volta in volta in base a quello che mi attira di più.
È come se si dovesse giudicare lo stato di salute di una persona semplicemente dal colore della faccia.
È la parola di Dio, è il Vangelo che ci fa conoscere quanto è grande l’amore del Signore e quanto povera può essere la nostra risposta. Giustamente l’apostolo Giovanni nella sua lettera commenta: "Chi dice: Io conosco Dio, ossia sto dalla sua parte e con lui sono a posto, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui".

Tuttavia sarebbe una situazione umiliante se tutto dovesse ridursi a dire: ho sbagliato, sono stato egoista, ha messo in un angolo le proposte del Signore.
È come se dopo aver fatto delle analisi, magari molto costose, qualcuno dovesse dirci: hai dei risultati completamente fuori dalla norma; peggio per te!
Come la morte è più forte della vita, così il male sarebbe più forte del bene; cambiare non sarebbe possibile, come non è possibile ricostruire un vaso di cristallo che è andato in frantumi.
Ma dal momento che Gesù, il crocifisso, è veramente risorto ed è vivo oggi, significa che oggi il mio peccato viene vinto dall’amore di Dio; il mio peccato, grande o piccolo che sia, oggi viene sciolto dal perdono di Dio.
E se oggi il mio peccato, che è segno di morte, viene veramente cancellato dalla misericordia di Dio, domani anche la mia morte verrà superata dalla vita piena che il Signore ci donerà, a somiglianza di Gesù risorto.
Signore Gesù: tu sei risorto davvero, allora anch’io sono perdonato davvero.
Signore Gesù: tu oggi sei vivo davvero, allora anch’io oggi posso incominciare una vita diversa.
Signore Gesù: tu sei risorto davvero, allora anche quel mio fratello può essere da te, e da me, perdonato; anche quel mio fratello oggi può incominciare un cammino diverso da ieri.
Siamo ancora in tempo per fare Pasqua, per accogliere e dare il perdono, per ricevere e donare fiducia.


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