Lettere a ...

Caro Cammino

di Monica Vanin

VIDEOMANIA UNO

Gentile signora, ho sentito molto preoccupata al telegiornale la notizia di un bambino che è finito all’ospedale con una crisi di epilessia per essere stato troppe ore davanti ai videogiochi. Anche i miei bambini amano molto queste cose (hanno 11 e 13 anni). Dopo i compiti (e qualche volta anche durante) scappano a giocare, e allora che si fa? Cosa dobbiamo dire a questi ragazzi per metterli un po’ in guardia? Non è tanto facile convincerli che non si deve esagerare. Chiedo un piccolo consiglio. Grazie.
C.T. - Milano

Il bambino al quale lei si riferisce aveva già, se non ho capito male, una fragilità nervosa, che è stata solo aggravata dalla lunga permanenza davanti al computer: la crisi epilettica avrebbe potuto essere ugualmente scatenata da qualche altra causa. Certo, l’affaticamento visivo e la tensione prolungata dei video giochi non ha fatto bene a lui come non fa bene a nessuno, men che meno ai bambini. Quel che è certo (e lo può dire ai suoi ragazzi) è che gli occhi e il cervello vanno usati nel miglior modo possibile, per stare al mondo nonché per sbrigare i compiti. Per fare una pausa tra un libro e un quaderno, meglio “staccare” completamente: ascoltare musica, giocare a un gioco da tavolo non troppo impegnativo. Meglio ancora fare una breve corsa in bicicletta o dare due calci a un pallone. Se proprio i suoi figli non riescono a fare a meno del video, durante il pomeriggio, allora è preferibile un po’ di televisione “controllata”, da guardare in relax seduti a tre metri dallo schermo. Provi a fissare un limite giornaliero ai videogames (un’ora mi sembra più che sufficiente), con la fermezza amorosa che noi mamme sappiamo avere, quando occorre.

PER LE VITTIME DELLE MINE

Caro “Cammino”, leggiamo sempre con piacere le “microrealizzazioni” che riuscite a sostenere con i contributi dei lettori. Volevamo chiedere, farete altre cose per le vittime delle mine? Ricordiamo la sottoscrizione che avete lanciato per dare delle protesi a chi era rimasto senza gambe o braccia. È una cosa importante e per fortuna ogni tanto si sente almeno parlare di questa vergogna che riguarda anche noi italiani, che per anni abbiamo esportato milioni di mine nei Paesi del Terzo Mondo. Grazie e auguri di buon lavoro.
G.S. e T.R. – Rapallo (GE)

Come avete visto anche voi, i progetti che proponiamo ai lettori cambiano a seconda delle richieste più pressanti che ci vengono dalle comunità religiose incontrate durante i nostri viaggi. Non temete però: questo problema dei danni prodotti dalle armi cosiddette “leggere” (mine antiuomo, in primo luogo) è talmente diffuso e terribile che non mancherà l’occasione di affrontarlo ancora, anche per fare appello alla vostra solidarietà.


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