Il papa contro il suicidio della stampa
Mai come oggi, in questo inizio di millennio, la stampa è protagonista di una rivoluzione che è molto simile a un suicidio. E il papa: «Il mondo della comunicazione, potenzialmente così creativo, può ospitare e diffondere contro-valori distruttivi. Esso può manipolare esseri umani come mere cifre per scopi politici o di mercato».
di Luciano Garibaldi
Parte unica
Il giornalismo non può essere guidato solo dalle forze economiche, dai profitti e dagli interessi di parte», ha detto il papa di fronte a settemila giornalisti di tutto il mondo riuniti in San Pietro per celebrare il “Giubileo della stampa”. E mai parole si sono rivelate più azzeccate. Perché mai come oggi, in questo inizio di millennio, la stampa è protagonista di una rivoluzione che è molto simile a un suicidio.
Ma leggiamo ancora le parole di Giovanni Paolo II: «Non dimenticate che i potenti mezzi di comunicazione di cui disponete vi vengono affidati per il bene di tutti, e in particolare per il bene delle fasce più deboli: bambini, poveri, malati, persone emarginate e disorienitate.
La globalizzazione - ha aggiunto il Santo Padre mettendo direttamente il dito nella piaga - ha aumentato la capacità dei mezzi di comunicazione sociale ma anche accresciuto la loro esposizione alte pressioni ideologiche e commerciali».
E a questo punto la massima autorità morale del mondo ha pronunciato parole che certo non saranno state udite con piacere dai padroni del vapore, e probabilmente nemmeno dai loro tirapiedi, i manager dell’informazione venditori di fumo e di chiacchiere in cambio di stipendi da nababbi (da non confondersi con i giornalisti, anche se sovente giornalisti senza arte né parte, ma buoni soltanto a servire senza mai porsi domande, diventano manager): «Non si può scrivere - ha detto il papa - né trasmettere notizie solo in funzione del grado di ascolto. Nessuna libertà, inclusa la libertà di espressione, è assoluta: essa trova infatti il suo limite nel dovere di rispettare la dignità e la legittima libertà degli altri».
Il romano pontefice ha ulteriormente approfondito la sua analisi con queste parole: «Il mondo della comunicazione, potenzialmente così creativo, può ospitare e diffondere contro-valori distruttivi. Esso può manipolare esseri umani come mere cifre per scopi politici o di mercato”. E ha poi lanciato un forte appello circa i rischi “di grandi concentrazioni informative a livelli nazionali e sovranazionali”, con il conseguente rischio di una “soggezione culturale».
Dopo aver ricordato come nel mondo l'accesso all’informazione, bene primario, sia ancora negato a molti, Giovanni Paolo Il ha lanciato un drammatico, coraggioso e fondamentale appello finale ai giornalisti: «Reagite al conformismo di quei media che praticano una copiatura reciproca, lottate contro la dittatura dell'istantaneità che non è garanzia della verità».
Fin qui le parole di un grande papa. Talmente chiare e incisive che non vi sarebbe proprio nulla da aggiungere. Se non ricordare che esse erano state precedute da un documento del “Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali” contenente tra l’altro una messa in guardia contro le eccessive esaltazioni del fenomeno massmediatico di Internet. “Il profitto - ribadiva il documento, anticipando il pensiero del papa, e chiaramente da esso ispirato - non può essere l’unico criterio etico di chi si occupa di comunicazione. Sono invece i diritti della persona e il bene comune a dover essere fine e misura dei media”.
Infine un duro richiamo “a quei politici senza scrupoli che usano i media per demagogia e distorcono sistematicamente la verità per mezzo della propaganda e di un atteggiamento falsamente rassicurante”, mentre la libertà d’espressione, promossa a norma assoluta, consente loro di “promuovere l’odio tra gruppi, l’oscenità, la descrizione morbosa della violenza”.
Parole che fanno riflettere. Basta accendere una TV, specie se privata, e guardare i filmacci che vi vengono proiettati, due per ogni serata e per ogni canale, inframmezzati, ogni quarto d’ora, da una ventina di spot pubblicitari da 20 secondi (e quaranta milioni di lire) cadauno, per capire subito a che cosa e a chi si riferisse il Pontificio Consiglio.
Si riferiva a una autentica fogna morale: un misto di falsi sorrisi rassicuranti, di spettacoli intrisi di stupida e sfrenata violenza, di un profitto miliardario derivante da una pubblicità per gonzi condannati a essere sempre più gonzi. In solitudine. Come vuole Internet.

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