A CASA DEL DIAVOLO

Sono in molti a credere che esista ancora. Il mito della tigre della Tasmania è duro a morire e non pochi sono disposti a giurare di averla avvistata, magari nelle aree più appartate della boscaglia, dove perfino la prepotenza dell’uomo fa fatica ad imporsi. Ma l’ultimo esemplare è morto nel 1936 nello zoo di Hobart e gli umani, anziché alimentarne il mito, dovrebbero farsi un esame di coscienza per aver privato la natura di una sua insostituibile creatura. Per fortuna, la Tasmania, con i suoi 760 mila ettari di foreste pluviali rappresenta una inesauribile scorta di ossigeno e rimane il regno incontaminato per una varietà di animali presenti solo qui. La tigre non esiste più, anche se una recente notizia ipotizza la possibilità di clonarla da un esemplare conservato al Museo di Sydney: la scelta della futura mamma potrebbe cadere su una femmina di "diavolo della Tasmania", che in questa selva tropicale ha prolificato. Un marsupiale la cui pelliccia copre un corpo massiccio che termina con 25 centimetri di coda. Ha abitudini notturne, si ciba di carogne che mangia completamente, ossa comprese, grazie ai denti aguzzi e alla potente mascella.Questa foresta è molto diversa da quella di Kuranda, nel Queensland. Diciamo che Kuranda è più “commerciale” per via del mercato aborigeno, dove si possono acquistare oggetti artigianali, t-shirt, abiti e cappelli. In più qui ha sede il Tjapukai Dance Theatre, la più celebre compagnia di teatro aborigeno, ideata da un regista newyorkese bianco, Don Freeman, emigrato in Australia perché appassionato di cultura etnica. Arrivando da queste parti non si può fare a meno di visitare le cascate di Barron, uno spettacolo di potenza addolcito dalle tinte pastello delle buganvillee e delle orchidee disseminate un po’ ovunque.
La foresta pluviale nei pressi di Cairns.

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