Popoli

Alla ricerca dei SANTONI

di Beatrice Giorgi
parte quinta

"Tu vivi in città piene di luce, mentre per il Baba è difficile quando non c’è la luna piena... ", mi dice infine per indurmi a compassione. E poi mi confessa il suo sogno: costruire una big house. "Oh yes, a big house for the Baba!".
Difficile resistergli! Ciò che lo rende simpatico è proprio questa semplicità, questo essere “umano” al di là della fede, al di là di privazioni e prove per noi inconcepibili. In realtà, la forza dell’induismo, paradossalmente, sta nella sua semplicità, nel gesto che rende sacro anche il quotidiano più banale; a ricordare che anche nella vita di tutti i giorni vi è bellezza, perfino nella mortificazione del corpo, nell’abiezione della miseria. I templi indù mi inducono al sorriso, mi mettono di buon umore. Ognuno è la casa di un dio che rappresenta sentimenti differenti.

Nonostante alcuni siano stati edificati con l’evidente intento di incutere timore e spaventare il fedele, l’esagerazione cromatica, la grottesca simbologia delle statue finisce per renderli kitsch; bisogna glorificare la divinità, propiziarsene i favori? Allora se ne ricoprono di ori le effigi, le si adornano fino all’inverosimile di tessuti dai colori sgargianti, di collane che brillano come astri; Ganesh è benevolo, Parvati è bella e pura, Kali è terrifica, Shiva il Signore del mondo... Tutte le possibili aggettivazioni dell’essere esplodono di colori e forme in tono cosi forte da denunciare una certa purezza d’animo di fondo, al di là di qualsiasi speculazione teofilosofica.
La città santa di Haridwar ne è un esempio. I suoi templi appaiono come tante torte di panna montata, ingentilite da miriadi di statue al marzapane. Osservando la lunga teoria di casupole e templi lungo il Gange ci appare come una città dei balocchi che la sera si anima: i fuochi da bivacco accesi dai Baba, i lumini che il popolo affida ai gorghi del fiume.

E poi, il tempio di Barila a Delhi, è una costruzione leggiadra, aperta in arcate spaziose, alla luce del sole. Sebbene sia costruito in modo semplice, la statua che rappresenta Shiva è carica di ornamenti dorati, di fiori. Il Signore dei Signori appare come un fanciullo dallo sguardo benevolo e ingenuo. Per rappresentare l'idea di infinito, la “cappella” dedicata a Krisnha ha le pareti e la volta ricoperti di specchi. Un gioco prospettico da Luna Park. Nella sala principale la gente prega, chiacchiera, i bambini corrono nei giardini intorno...
Ovunque si scorgono testimonianze di fede di questo tipo, in mezzo al più caotico dei mercati, come nelle stradine di campagna, in un angolo di un edificio diroccato. Fede e vita non sono momenti separati. E' con la sensazione di qualcosa di arcaico che, disteso nel sacco a pelo, aspetto che il sonno mi colga, mentre la volta della grotta si accende ai bagliori del fuoco che il Baba attizza come uno stregone, preparando l’olio e l’incenso da offrire agli dei.


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