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Tante domande e poche risposte
TI AFFITTO L'UTERO
Quante potranno mai essere le donne disposte a prestare il proprio utero per nove mesi per puri motivi umanitari? Ci potrà essere una sorella, un’amica affezionata (già più raro), forse qualche donna con la “sindrome della crocerossina” che non può fare a meno di prodigarsi (con qualche dubbio sulla sua salute mentale) in un’opera missionaria per conto terzi.
Ma poi, dopo aver contato sulle dita di una mano questi rari esempi, le altre perché mai dovrebbero accollarsi l’impegno di una gravidanza? I problemi non mancano: noi italiani, che siamo abituati a prendere dagli americani il bello e il brutto, rischiamo di aprire un mercato ignobile, in cui la maternità surrogata potrebbe diventare il surrogato di un lavoro per tante donne disposte, per nove mesi ben retribuiti, a compiere un sacrificio.
Con un’aggravante in più rispetto agli americani. Loro almeno non sono ipocriti e tutto quel che accade, accade alla luce del sole. Da noi sicuramente non mancheranno le “ferree disposizioni di legge”, non mancheranno codici e sentenze a stabilire l’assoluta priorità del problema, e cioè che gli interessi economici devono essere esclusi.
Col bel risultato di creare un commercio clandestino. Medici, teologi, magistrati hanno veramente una patata bollente tra le mani e noi non possiamo far altro che sperare che sappiano “pelarla” nel modo giusto. Anche perché, in caso contrario, a scottarci le dita saremmo noi.
Qui sorge, d’obbligo, un’altra domanda: e i genitori che vogliono a tutti i costi veder realizzato il loro desiderio di maternità/paternità che cosa possono fare in attesa che si trovi un accordo sulle regole da dare alla questione?
Noi diciamo a tutti questi genitori mancati che si può voler bene in tanti modi e che non è necessario che un figlio sia frutto di un complesso intruglio “giuridico-genetico-clinico-farmaceutico-commerciale” e chissà cos’altro.
Si può voler bene, così, semplicemente, anche ad un bambino adottato.
Ma poi, dopo aver contato sulle dita di una mano questi rari esempi, le altre perché mai dovrebbero accollarsi l’impegno di una gravidanza? I problemi non mancano: noi italiani, che siamo abituati a prendere dagli americani il bello e il brutto, rischiamo di aprire un mercato ignobile, in cui la maternità surrogata potrebbe diventare il surrogato di un lavoro per tante donne disposte, per nove mesi ben retribuiti, a compiere un sacrificio.
Con un’aggravante in più rispetto agli americani. Loro almeno non sono ipocriti e tutto quel che accade, accade alla luce del sole. Da noi sicuramente non mancheranno le “ferree disposizioni di legge”, non mancheranno codici e sentenze a stabilire l’assoluta priorità del problema, e cioè che gli interessi economici devono essere esclusi.
Col bel risultato di creare un commercio clandestino. Medici, teologi, magistrati hanno veramente una patata bollente tra le mani e noi non possiamo far altro che sperare che sappiano “pelarla” nel modo giusto. Anche perché, in caso contrario, a scottarci le dita saremmo noi.
Qui sorge, d’obbligo, un’altra domanda: e i genitori che vogliono a tutti i costi veder realizzato il loro desiderio di maternità/paternità che cosa possono fare in attesa che si trovi un accordo sulle regole da dare alla questione?
Noi diciamo a tutti questi genitori mancati che si può voler bene in tanti modi e che non è necessario che un figlio sia frutto di un complesso intruglio “giuridico-genetico-clinico-farmaceutico-commerciale” e chissà cos’altro.
Si può voler bene, così, semplicemente, anche ad un bambino adottato.
